I portici sono l'elemento urbanistico che caratterizza la Via Grande ricostruita. Con la ricostruzione del Centro, Livorno sta acquisendo l'aspetto di una grande città moderna. |
Vi riporto questo interessante articolo di Giorgio Amati, nato a Frascati (Roma) il primo luglio del 1920. Laureatosi in
Fisica teorica alla Scuola Normale di Pisa, alla fine della guerra
consegue a Firenze una seconda laurea Ingegneria civile. Dopo un
breve periodo di insegnamento all’Accademia navale di Livorno viene
assunto dal Comune di Livorno che gli assegna la direzione
dell’ufficio per la stesura del nuovo piano regolatore. Nella
seconda metà degli anni cinquanta svolge anche attività
professionale autonoma per la redazione dei piani urbanistici di
alcuni Comuni della Province di Grosseto, Livorno e Firenze.
Collabora alla rivista «Urbanistica»; partecipa, con un gruppo
interdisciplinare che si classifica vincente, al concorso per il
nuovo quartiere San Giuliano di Venezia. In seguito sceglie di
svolgere soltanto la libera professione. Muore a Treviso il 23 marzo del 1977.
A dire il vero, buona parte di questo articolo è incentrato sulla metodologia di indagine, previa alla realizzazione di un Piano Regolatore. Interessante la sua teoria sull'utilizzo delle immagini, ed è proprio a causa delle interessanti immagini, scattate a Livorno intorno ai primi anni '50, che vi riporto parole e foto contenute nel suo articolo.
Giorgio Amati |
"A Livorno esiste una zona, sviluppatasi
a macchia d'olio intorno al perimetro dei fossi, che viene
comunemente chiamata la “città ottocentesca” perché ha avuto il
suo massimo sviluppo nella prima metà dell'Ottocento. La zona è in
parte da risanare.
Occorre sia un risanamento
igienico-edilizio di molti edifici, come pure un riordinamento
urbanistico ottenuto liberando gli spazi interni degli isolati da
alcune attività artigianali e piccolo industriali, specie di quelle
che determinano un notevole ingombro di mezzi da trasporto su strade
inadatte oppure da quelle che sono igienicamente incompatibili con la
residenza.
Ma se percorriamo le vie della città
ottocentesca senza por mente a questi problemi caratteristici di
tutti i vecchi centri nei quali la vita di oggi si svolge con tutte
le sue necessità ed esigenze in un ambiente sorto in altre epoche,
se cioè esaminiamo questa parte della città con gli occhi del
passato, notiamo subito, più che un ordina, un'armonia e un
equilibrio, sia nelle visuali, sia nei prospetti degli edifici, come
pure nelle botteghe, nelle caratteristiche fiaschetterie e in tutti
gli latri aspetti folcloristici che ancora oggi permangono e danno
all'ambiente quel colore di vita locale che individua così bene
l'indole generosa e scanzonata del popolo livornese.
Se ci chiediamo dove finisce la città
ottocentesca e dove comincia la città nuova, cioè quella costruita
nell'ultimo cinquantennio, non troviamo una facile risposta. E questo perché, mentre la prima ha
una struttura organica, la seconda non l'ha.
Si può dire che la città ottocentesca
si estende al di là dei suoi limiti facendo sentire la sua presenza
nella zona periferica ove sorgono i nuovi nuclei, e a volte si impone
rispetto a questi per una maggiore validità ambientale.
Zona ottocentesca. Nel quartiere ubicato tra via Garibaldi e la zona industriale, la struttura urbana si apre per lasciare posto a piccole industrie istallate nel secolo scorso. |
Le vie che
collegano la zona ottocentesca con la campagna conservano inalterato
il loro primitivo aspetto. Su alcune si è formato un borgo di case
basse (Via Roma, Borgo San Jacopo, Via dell'Origine, Via del Vigna).
Altre sono contornate dai muri di cinta di grosse ville padronali
(Via Goito, Via dell'Ambrogiana, Via San Gaetano,Via Emilio Zola).
Queste strade esercitano su chi le
percorre una certa suggestione. Sembra di vivere in un mondo di altri
tempi, più tranquillo e più proporzionato.
Ci si aspetta di trovare al loro termine la campagna, e in cuore si trova una delusione trovando la città moderna, in genere squallida che continua disordinatamente la sua espansione. Comunque Livorno offre all'indagatore gli aspetti più svariati.
Ci si aspetta di trovare
al loro termine la campagna, e in cuore si trova una delusione
trovando la città moderna, in genere squallida che continua disordinatamente la sua espansione. Comunque Livorno offre
all'indagatore gli aspetti più svariati. Le note di interesse, diciamo, fotografico ambientale sono quasi inesauribili.
Le cartoline
che sono in commercio illustrano la zona turistico balneare,
Montenero, le strade centrali, i fossi, e (forse non abbastanza) il
pittoresco ambiente della “Venezia”.
La zona più pittoresca di Livorno è il vecchio quartiere "Venezia" . I turisti attratti soprattutto dalla passeggiata a mare e da Montenero, lo conoscono poco. |
Io ho portato l'obiettivo
dove il forestiero di solito non passa. Chi immaginerebbe l'esistenza
a poca distanza dal centro del borgo rurale e artigiano di Via degli
Archi e Vicolo dei Vetrai?
Portone di una casa rurale in Via degli
Archi. A poco più di duecento metri dal Corso Mazzini, Via degli
Archi e Vicolo dei Vetrai hanno l'aspetto raccolto di una piccola
comunità di campagna
|
E a poca distanza dal centro, a meno di
500 metri dall'Attias, che penserebbe di trovare il moderno quartiere
di Via Gamerra, Via Doveri, Via Targetti, ecc., che ha l'aspetto
ridente di una città giardino, con le sue villette e palazzette, e
con il suo tracciato volutamente irregolare?
Aspetti di Via Doveri. Una vita borghese tranquilla in un ambiente raccolto nelle immediate vicinanze del Centro |
In questa plaga della
città nuova c'è indubbiamente armonia. Ma la sensazione non dura
molto perché basta fare ancora qualche passo e arrivare all'incrocio
fra Via Marradi e Via Mameli per trovare il più caotico disordine
urbanistico.
La documentazione fotografica è uno
dei tanti mezzi con cui si puntualizzano gli elementi di rilievo
della situazione di una città. La raccolta di questi elementi e la
loro selezione costituisce il primo passo verso la formulazione di
quel programma urbanistico che viene chiamato “piano regolatore”.
Contrasto tra vecchio e nuovo alla periferia (zona Via Lepanto). In primo piano un ambiente quasi rurale, in fondo il palazzo dell'INCIS per i dipendenti dell'Accademia Navale recentemente costruito. |
Esso si presenta sotto la forma di
planimetrie e di norme regolamentari, ma la sostanza, quando è
studiato con serietà, altro non è se non la sintesi delle lunghe e
laboriose ricerche, interpretazioni e discussioni che prendono le
mosse appunto dallo stato urbanistico attuale.
La fotografia sintetizza, in certo
senso, i risultati del sopralluogo. Il “sopralluogo urbanistico” è
la forma più semplice e più immediata di indagine. Può essere
eseguito singolarmente o in gruppo, e deve essere fatto in ogni caso
a passo d'uomo. Bisogna percorrere, una ad una, tutte le vie della
città, soffermandosi dove si trova un elemento, di interesse,
entrare nei cortili e negli altri spazi liberi compresi nell'interno
degli isolati, ritornare se necessario sui propri passi per
comprendere meglio una certa situazione, visitare una determinata
località nell'ora più opportuna, oppure in diverse stagioni
dell'anno.
Le fotografie riprodotte dimostrano che
l'oggetto del sopralluogo urbanistico riguarda sia l'elemento statico
che quello dinamico. Accanto agli edifici, alla loro struttura e
disposizione, accanto alle visuali e prospettive c'è la gente che si
muove, che lavora, che passeggia, che si diverte. Ci sono ragazzi che
giuocano. Ci sono veicoli d'ogni tipo e dimensione, dalla bicicletta
all'autotreno con rimorchio, che, o fermi o in movimento, si trovano
sulla strada, indicando all'urbanista deteterminati interessi e
ragioni di vita.
Va ricordata in proposito l'essenza
squisitamente sociale dell'urbanistica. Essa tende soprattutto a
un'organizzazione del territorio (urbano e anche extraurbano) che
consenta migliori condizioni ambientali di vita. Legittimo e doveroso
è quindi l'interesse oltre che per la “città edificata”, ossia
per la struttura costituita dal complesso degli edifici, anche per la
città viva e per tutti i problemi sociali che in essa si
manifestano.
Un esempio chiarirà meglio questo
concetto. Esistono, come si è visto, a Livorno alcune zone
periferiche dell'aggregato urbano che presentano un aspetto
notevolmente disordinato per la mancanza di un indirizzo urbanistico.
Squallore nel rione di case popolari di Via Fabio Filzi, detto Sciangai. Il rione è sorto nel 1930. |
Facendo la ricognizione di queste zone si esamina lo squilibrio
estetico-ambientale determinato dall'inserirsi quasi causale di
edifici di forma e dimensioni diverse dalla primitiva struttura
rurale, peraltro ancora esistente. Si pensa subito alle possibilità
di rimedio con opportuni tracciati viari e con adeguata
regolamentazione edilizia. Ma, se il problema urbanistico si esamina
sotto l'aspetto sociale, viene in luce un fatto di maggiore portata.
Si nota che l'edificazione frammentaria
non ha permesso la costituzione di nuovi quartieri. Tutt'al più ci
sono piccoli nuclei residenziali omogenei, i quali, sia per le loro
esigue dimensioni, sia per il fatto che sono sorti per soddisfare
unicamente alle esigenze dell'abitazione, non hanno né le
caratteristiche, né l'aspetto del quartiere.
L'urbanistica, considerata dal punto di
vista sociale, quando ha provveduto all'abitazione, ha fatto un gran passo
avanti, dato che ci sono i senza tetto e gli abitanti delle case
malsane, ma è ben lungi dall'aver esaurito il suo compito. Infatti
la vita dell'individuo non si risolve nell'ambito dei rapporti
familiari. Non bastano le case, occorrono anche le attrezzature di
quartiere, e non soltanto quelle che servono a soddisfare le
necessità quotidiane come ad esempio il mercato rionale, ma anche
quelle che possono favorire il necessario complemento della vita
familiare.
Aspetto accogliente di uno spazio interno del nucleo INA Casa, compreso tra Via delle Sorgenti e Via U. Foscolo. |
I quartieri di nuova formazione che si
ispirano alle moderne concezioni urbanistiche hanno un “centro” ,
che è il luogo dove si svolge la vita sociale degli abitanti. Anzi
hanno diversi centri perché anche quando le varie attività si
svolgono sulla stessa piazza, si usa chiamare centro ogni edificio, o
gruppo di edifici, destinati ad una determinata funzione.
Così come avremo un centro
amministrativo comprendente l'ufficio postale, l'ufficio di polizia,
il centralino telefonico e le succursali degli istituti bancari; un
centro commerciale con negozi e botteghe di artigiani e uffici
professionisti; un centro sociale con cinema, sala di lettura, sala
di riunione, biblioteca, sedi di partito e di associazioni sindacali.
Ci saranno poi l'ambulatorio, la chiesa parrocchiale, la canonica, la
scuola elementare, il campo sportivo, le sale da ballo e i locali di
ritrovo.
Orbene, girando per le suddette zone
periferiche di Livorno, si nota con piacere che la frammentarietà
delle iniziative edificatorie ha lasciato tra i vari gruppi di
costruzioni aree più o meno estese, attualmente utilizzate come
orti, che consentiranno, entro certi limiti, la riorganizzazione
delle zone stesse, e la costituzione di veri e propri quartieri con i
loro centri. Dal punto di vista sociale, peggiore sarebbe stata la
situazione se la città invece di estendersi in modo così disordinato
si fosse ingrandita secondo un piano di ampliamento, a sviluppo
compatto, in cui edifici regolari quasi tutti di abitazione fossero
posti entro isolati regolari, senza un'adeguata distribuzione di
locali per attività di interesse collettivo. Dal lato estetico al
posto delle visuali di elementi stridentemente contrastanti, si
avrebbe forse un'avvilente monotonia di prospetti, ossia un elemento
altrettanto negativo; mentre d'altra parte la mancanza di aree libere
renderebbe impossibile, oppure molto oneroso, il miglioramento dei
servizi sociali del quartiere.
Si è detto che con la fotografia si
fissano le immagini e le sensazioni del “sopralluogo”. La
fotografia è un mezzo quindi che abbiamo a disposizione, il più
economico dopo il taccuino degli appunti.
Altri mezzi possono essere la
cinematografia e la televisione. Con la macchina da presa ferma
possono essere messi in rilievo tutti i fatti dinamici della vita
cittadina. A Livorno si potrebbe riprendere il passeggio domenicale
sulla via Grande, che ha insieme una lunga tradizione e aspetti
folcloristici di notevole interesse. Si potrebbe riprendere
l'afflusso estivo di cittadini sul lungomare di S. Jacopo, nei giorni
festivi, e soprattutto il 15 agosto, in occasione del Palio Marinaro
che determina sulla vastissima Terrazza Mascagni un affollamento
insospettabile. Con la macchina da presa in movimento (su automezzo)
si potrebbero raccogliere con una serie di sequenze le visuali sulle
vie cittadine, ottenendo così una documentazione completa che
permetterebbe di fare la ricognizione della città una volta per
tutte.
A parte i mezzi, esaminiamo ora il
“sopralluogo”nella sua essenza di metodo di indagine urbanistica.
Parlo naturalmente del sopralluogo eseguito dal competente che gira
la città per “tastare il polso”, allo scopo cioè di avere la
sensazione visiva diretta dei problemi che dovrà risolvere. Di altra
natura invece è il sopralluogo di colui che, opportunamente
istruito, segnala metodicamente determinati fenomeni (ad esempio
segna su una planimetria tutti i negozi distinguendoli secondo il
tipo). Per distinguere chiamerò quest'ultimo “rilevamento”.
Il sopralluogo è evidentemente tra le
varie forme di indagine la più personale e la più intuitiva. La sua
stessa estensione e durata non può essere determinata a priori, ma
dipendono da fatti che riguardano direttamente l'urbanista, le sue
capacità di acquisizione dei problemi, la sua maggiore o minore
inclinazione all'approfondimento, la maturazione delle idee e il convincimento dei progetti sviluppati.
Per quanto insostituibile il
sopralluogo non può mai essere la sola forma di indagine. Non può
bastare evidentemente l'intuizione, anche geniale, di uno o più
competenti. Nelle indagini che accompagnano lo studio di un
piano regolatore figurano in misura maggiore o minore, a seconda dei
mezzi disponibili, altre due forme caratteristiche: l'inchiesta e il
rilevamento.
Un piano regolatore deve essere
progettato da competenti i quali siano giunti alla specializzazione
attraverso un lungo tirocinio, abbiano acquisito i principi di
cultura urbanistica mondiale e siano al corrente con i più recenti
orientamenti e con le più recenti realizzazioni.
Ma non soltanto gli specialisti
incaricati della progettazione partecipano e contribuiscono alla
formazione del piano. Anzi essi più che creare debbono, progettando,
interpretare una data situazione di fatto, ed interpretarla, oltre
che alla luce dei canoni dell'urbanistica, anche in riferimento, sia
alla situazione dell'economia cittadina, sia alle abitudini, alle
inclinazioni e alle aspirazioni dagli abitanti.
Il complesso delle operazioni
attraverso le quali gli estensori del piano organizzano la
partecipazione indiretta degli enti e dei cittadini costituisce
“l'inchiesta urbanistica”.
Varie sono le forme di inchiesta. Esse
possono riguardare il complesso della città, come pure i singoli
quartieri o nuclei abitati.
Occorre conoscere, con l'aiuto dei
cultori della storia locale, le successive fasi di sviluppo della
città attraverso i tempi, e anche la storia dei piani regolatori
progettati e attuati. Gli uffici municipali forniranno notizie sul
modo come viene regolata l'attività edilizia dei privati.
Interpellando gli esperti dei singoli rami si potrà avere un quadro
generale sulla situazione scolastica, lo stato dei servizi di
trasporto urbani e extraurbani, l'efficienza degli impianti pubblico,
come l'acquedotto, la fognatura, ecc. Si potrà avere notizia dei
programmi di opere pubbliche approntati dallo Stato e dagli enti
locali.
Questi sono gli argomenti della prima
fase dell'inchiesta nella quale si raccolgono quegli elementi che
sono (o meglio dovrebbero essere) già elaborati. Le difficoltà di
esecuzione dipendono naturalmente, oltre che dalla vastità dei temi,
anche dalla più o meno efficiente organizzazione degli uffici
interpellati.
Ma l'inchiesta urbanistica può anche
provvedere alla raccolta diretta di elementi mediante l'intervista ai
cittadini, ai quali si chiede soltanto l'illustrazione di aspetti
particolari, di solito localizzati, della complessa realtà urbana.
L'inchiesta può rivolgersi all'azienda
industriale. Intervistando i dirigenti e gli operai si possono avere
notizie sull'adeguatezza degli impianti e degli edifici alle esigenze
della produzione, sulle condizioni igieniche degli ambienti di
lavoro, sugli eventuali inconvenienti che possono portare pregiudizio
alla salute degli addetti, ecc. Si può avere un quadro delle
distanze fra casa e azienda, e del tempo giornalmente perduto negli
spostamenti tra residenza e luogo di lavoro.
L'inchiesta può avere per oggetto il
quartiere. In ogni rione della città possono attingersi notizie
sulle abitudini e sulle tradizioni, sulla distribuzione sociale degli
abitanti, sui mezzi di trasporto che collegano la zona con il centro
della città, sulle difficoltà di approvvigionamento dei viveri e
degli altri generi, sull'attrezzatura sanitaria, sulla scuola
elementare e sull'asilo, sulla percentuale dei giovani che frequenta
le scuole medie, sulle difficoltà per lo svolgimento delle attività
sportive e ricreative locali, sulle attività economiche svolte da
elementi che risiedono nel quartiere, ecc.
La zona interessata può avere
dimensioni ancora più ridotte, e l'inchiesta può essere eseguita
sulle case popolari, sulle case malsane, sui luoghi di fortuna dove
abitano i senzatetto, ecc.
E' chiaro che più l'oggetto
dell'inchiesta viene circoscritto, più l'elemento psicologico e
umano prevale sulla schematicità dei dati che si vogliono
raccogliere. Intervistando gli abitanti di un quartiere si può
toccare con mano la realtà viva delle loro aspirazioni; così pure
si può avere esatta cognizione e3llq vita che si svolge in una
fabbrica solo intervistando gli operai.
A questo punto ci si domanda cos'è il
rilevamento e quali sono i limiti che lo differenziano dall'inchiesta.
La domanda sorge spontanea perché entrambe le forme di indagine si
esauriscono in sostanza in una raccolta di dati.
La differenza non sta nell'oggetto ma
nel metodo di ricerca. Con l'inchiesta si mettono in evidenza gli
elementi vivi della realtà che si vuole conoscere, elementi che,
quando si assumono, sono già frutto di una prima elaborazione. Lo
stesso indagatore esprime un giudizio perché riferisce o interpreta
un pensiero dell'intervistato.
Gli elementi del rilevamento sono
invece obiettivi e amorfi, Sono dati puri, e possono essere dati
statistici o planimetrici. Anzi sono soltanto dati statistici che,
per la particolare natura dell'urbanistica, hanno bisogno di un
riferimento sulle planimetrie.
Troppo lungo sarebbe elencare i dati
che possono essere raccolti col rilevamento. Converrà, per fare un
esempio, porre l'attenzione su un fatto di fondamentale importanza
per l'urbanistica: il rapporto fra la distribuzione della popolazione
nelle abitazioni della città e l'ubicazione degli ambienti non
destinati ad abitazione, dove la popolazione medesima di reca per le
ragioni più varie.
Alla base di questo rapporto ci sono
due serie di dati da raccogliere mediante rilevamento e da riportare
su distinte planimetrie. Nella prima bisogna scrivere su ogni
edificio adibito, anche in parte, all'abitazione un numero che indica
le persone che vi dormono. Nella seconda bisogna indicare tutti gli
ambienti chiusi, o anche aperti, destinati a scopi diversi
dall'abitazione, dall'ospedale alla farmacia, dalla grande industri
alla bottega, dallo stadio alla pista rionale.
Questi ambienti vanno opportunamente
classificati e segnalati planimetricamente con appositi simboli. Una
grande suddivisione può essere quella che distingue i luoghi dove
l'elemento principale è l'attività lavorativa di coloro che
giornalmente vi trascorrono le ore diurne (industrie, officine,
magazzini, ecc.) dai luoghi dove l'elemento principale è
l'afflusso,generalmente temporaneo, di popolazione per motivi diversi
dal lavoro (cinema, mercati, chiese, negozi, giardini pubblici,
scuole, ecc.).
La prima planimetria si può formare all'atto stesso del censimento demografico. Per la secondo occorre
uno speciale censimento urbanistico di rapida esecuzione.
Gli elementi così raccolti sono le
basi per una lunghissima serie di considerazioni. Basti pensare che sono localizzate planimetricamente le cause determinati di tutto il movimento di pedoni e di veicoli che si svolge giornalmente in città.
L'Ufficio Urbanistica del Municipio di
Livorno ha approvato due planimetrie mi è possibile quindi mostrare
con un esempio la loro utilità.
A Livorno, mentre il verde privato esistente nel corpo della città
(orti, giardini, parchi) ha complessivamente un'estensione
notevolissima, difetta molto invece il verde pubblico. Ci sono due
soli parchi pubblici non molto estesi: il Parterre e la Villa
Fabbricotti.Esaminiamo la situazione dei parchi distinguendola da
quella dei giardini (Piazza Magenta, Piazza della Stazione, Viale
Italia, ecc.) nei quali non c'è isolamento dalla vita e dal
movimento cittadino, in quanto manca l'elemento di separazione con le strade di traffico.
Come si presenta una delle piste di giuoco nel parco pubblico della Villa Fabbricotti, dove ha sede la Biblioteca Labronica. |
Si può dire che le zone di influenza dei due parchi si estendano a tutto il nucleo urbano, dallo stadio a Fiorentina, con l'esclusione di Ardenza e di Antignano. Una linea, che corrisponde all'incirca all'asse del segmento che congiunge i centri dei parchi , divide le due zone di influenza. Essa passa per Via S. Gaetano, Via Bonaini, Via magenta, Piazza Cavour e si dirige al mare lungo gli Scali d'Azeglio. A Nord di questa linea c'è la zona di influenza del Parterre, che si estende fino alla linea ferroviaria, fino al Cimitero Comunale, a Via Fabio Filzi e a via della Cinta Esterna, a Sud c'è quella di Villa Fabbricotti che è delimitata dall'Aurelia, dallo Stadio e dal Lungomare.
Il censimento del 1951 da' per la prima
zona una popolazione di 80.288 abitanti e per la seconda una
popolazione di 36.314 abitanti. Le superfici del Parterre e della
Villa sono rispettivamente 29.000 mq. E 61.000 mq. Gli abitanti della
prima zona hanno a disposizione ciascuno 0.36 mq. Di superficie di
parco; gli abitanti della seconda ne hanno a disposizione 1.70 mq.
ciascuno, ossia una superficie 5 volte maggiore.
Questo risultato nella sua eloquenza
da' al piano regolatore un indirizzo preciso per l'ubicazione dei
nuovi parchi. Evidentemente essi devono essere posti nella sfera di
influenza del Parterre, e precisamente nella zona popolare dei
quartieri popolari di Barriere Garibladi, Via Fabio Filzi, Via
Mastacchi, Via delle Sorgenti, ecc. La necessità di verde in questa
parte della città appare evidente a chi si rechi a fare un
sopralluogo, in una giornata di sole.
Negli ampi spazi liberi tra nucleo e
nucleo di case popolari, dove il terreno inutilizzato sembra
attendere l'opera del muratore, la vita degli abitanti si svolge
intensa e vivacissima. Le donne lavorano a maglia, i ragazzi giocano
a pallone, si avverte la stessa atmosfera gaia e festosa del
Parterre. E' la vita della popolazione addensata in quei casoni
piuttosto squallidi che manifesta le sue esigenze, di aria, di
spazio, di luce. Essa sembra indicare all'urbanista il criterio da
seguire nella progettazione. Gli spazi liberi sono una riserva,
esaurita la quale si giunge al soffocamento.In quella zona bisogna costruire, sì,
nuove case, ma in modo pianificato, secondo un piano che prevede
anche, e soprattutto, giardini, parchi e campi di giuoco in misura
adeguata all'entità della popolazione.(Giorgio Amati)
In: Rivista di Livorno, rassegna di attività municipale a cura del Comune, Anno 4, n. 2, 1954
In: Rivista di Livorno, rassegna di attività municipale a cura del Comune, Anno 4, n. 2, 1954
Commenti
Posta un commento