Passa ai contenuti principali

PANORAMA URBANISTICO DELLA CITTA' NEGLI ANNI '50





I portici sono l'elemento urbanistico che caratterizza la Via Grande ricostruita. Con la ricostruzione del Centro, Livorno sta acquisendo l'aspetto di una grande città moderna.

Vi riporto questo interessante articolo di Giorgio Amati, nato a Frascati (Roma) il primo luglio del 1920. Laureatosi in Fisica teorica alla Scuola Normale di Pisa, alla fine della guerra consegue a Firenze una seconda laurea Ingegneria civile. Dopo un breve periodo di insegnamento all’Accademia navale di Livorno viene assunto dal Comune di Livorno che gli assegna la direzione dell’ufficio per la stesura del nuovo piano regolatore. Nella seconda metà degli anni cinquanta svolge anche attività professionale autonoma per la redazione dei piani urbanistici di alcuni Comuni della Province di Grosseto, Livorno e Firenze. Collabora alla rivista «Urbanistica»; partecipa, con un gruppo interdisciplinare che si classifica vincente, al concorso per il nuovo quartiere San Giuliano di Venezia. In seguito sceglie di svolgere soltanto la libera professione. Muore a Treviso il 23 marzo del 1977.

 
A dire il vero, buona parte di questo articolo è incentrato sulla metodologia di indagine, previa alla realizzazione di un Piano Regolatore. Interessante la sua teoria sull'utilizzo delle immagini, ed è proprio a causa delle interessanti immagini, scattate a Livorno intorno ai primi anni '50, che vi riporto parole e foto contenute nel suo articolo.
Giorgio Amati
"A Livorno esiste una zona, sviluppatasi a macchia d'olio intorno al perimetro dei fossi, che viene comunemente chiamata la “città ottocentesca” perché ha avuto il suo massimo sviluppo nella prima metà dell'Ottocento. La zona è in parte da risanare.
Occorre sia un risanamento igienico-edilizio di molti edifici, come pure un riordinamento urbanistico ottenuto liberando gli spazi interni degli isolati da alcune attività artigianali e piccolo industriali, specie di quelle che determinano un notevole ingombro di mezzi da trasporto su strade inadatte oppure da quelle che sono igienicamente incompatibili con la residenza.
Ma se percorriamo le vie della città ottocentesca senza por mente a questi problemi caratteristici di tutti i vecchi centri nei quali la vita di oggi si svolge con tutte le sue necessità ed esigenze in un ambiente sorto in altre epoche, se cioè esaminiamo questa parte della città con gli occhi del passato, notiamo subito, più che un ordina, un'armonia e un equilibrio, sia nelle visuali, sia nei prospetti degli edifici, come pure nelle botteghe, nelle caratteristiche fiaschetterie e in tutti gli latri aspetti folcloristici che ancora oggi permangono e danno all'ambiente quel colore di vita locale che individua così bene l'indole generosa e scanzonata del popolo livornese.

Se ci chiediamo dove finisce la città ottocentesca e dove comincia la città nuova, cioè quella costruita nell'ultimo cinquantennio, non troviamo una facile risposta. E questo perché, mentre la prima ha una struttura organica, la seconda non l'ha.

Basta allontanarsi di 200 metri dalla Via Grande per ritrovare la fisionomia della vecchia Livorno, nella zona del mercato non ancora trasformata dalla ricostruzione. Il riordinamento urbanistico dovrà provvedere alla formazione di un centro di affari e alla sistemazione degli ambulanti.
 
Si può dire che la città ottocentesca si estende al di là dei suoi limiti facendo sentire la sua presenza nella zona periferica ove sorgono i nuovi nuclei, e a volte si impone rispetto a questi per una maggiore validità ambientale.
Zona ottocentesca. Nel quartiere ubicato tra via Garibaldi e la zona industriale, la struttura urbana si apre per lasciare posto a piccole industrie istallate nel secolo scorso.

 Le vie che collegano la zona ottocentesca con la campagna conservano inalterato il loro primitivo aspetto. Su alcune si è formato un borgo di case basse (Via Roma, Borgo San Jacopo, Via dell'Origine, Via del Vigna). 
Zona ottocentesca. La Via delle Spianate è centro di un popoloso rione in cui hanno un notevole sviluppo quelle attività che possono essere classificate fra l'artigianato e la piccola industria; attività che, come si vede, non trovano sempre sulla via la sede adatta per i loro movimenti.

Altre sono contornate dai muri di cinta di grosse ville padronali (Via Goito, Via dell'Ambrogiana, Via San Gaetano,Via Emilio Zola).
Anche Via Goito è inserita nel corpo della città. Pure qui i muri di cinta, ma l'aspetto è allietato dalla presenza del verde. In questa zona bisogna conciliare le esigenze della saturazione edilizia con la conservazione del carattere ambientale.

Queste strade esercitano su chi le percorre una certa suggestione. Sembra di vivere in un mondo di altri tempi, più tranquillo e più proporzionato.
Via delle Siepi. La ville padronali s chiudono in sé, erigono i loro muri di cinta togliendo ogni vita alla strada. Questo ambiente suburbano che si trova a poche centinaia di metri dal centro è stato accerchiato dalla città moderna nella sua espansione.


 Ci si aspetta di trovare al loro termine la campagna, e in cuore si trova una delusione trovando la città moderna, in genere squallida che continua disordinatamente la sua espansione. Comunque Livorno offre all'indagatore gli aspetti più svariati.
Zona ottocentesca – Borgo San Jacopo conserva le caratteristiche ambientali del passato. Le nuove sporadiche costruzioni che presentano al di sopra delle case basse i fianchi nudi costituiscono evidentemente una stonatura.
 Ci si aspetta di trovare al loro termine la campagna, e in cuore si trova una delusione trovando la città moderna, in genere squallida che continua disordinatamente la sua espansione. Comunque Livorno offre all'indagatore gli aspetti più svariati. Le note di interesse, diciamo, fotografico ambientale sono quasi inesauribili.


Chi percorre alcune vecchie strade che si irradiano dalla città ottocentesca ha l'impressione di vivere in un mondo più tranquillo e più proporzionato. Prova però una delusione trovando al loro termine la città moderna, in genere squallida, che continua disordinatamente la sua espansione.


Le cartoline che sono in commercio illustrano la zona turistico balneare, Montenero, le strade centrali, i fossi, e (forse non abbastanza) il pittoresco ambiente della “Venezia”. 
La zona più pittoresca di Livorno è il vecchio quartiere "Venezia" . I turisti attratti soprattutto dalla passeggiata a mare e da Montenero, lo conoscono poco.

Io ho portato l'obiettivo dove il forestiero di solito non passa. Chi immaginerebbe l'esistenza a poca distanza dal centro del borgo rurale e artigiano di Via degli Archi e Vicolo dei Vetrai?
Portone di una casa rurale in Via degli Archi. A poco più di duecento metri dal Corso Mazzini, Via degli Archi e Vicolo dei Vetrai hanno l'aspetto raccolto di una piccola comunità di campagna

 E a poca distanza dal centro, a meno di 500 metri dall'Attias, che penserebbe di trovare il moderno quartiere di Via Gamerra, Via Doveri, Via Targetti, ecc., che ha l'aspetto ridente di una città giardino, con le sue villette e palazzette, e con il suo tracciato volutamente irregolare?
Aspetti di Via Doveri. Una vita borghese tranquilla in un ambiente raccolto nelle immediate vicinanze del Centro

 In questa plaga della città nuova c'è indubbiamente armonia. Ma la sensazione non dura molto perché basta fare ancora qualche passo e arrivare all'incrocio fra Via Marradi e Via Mameli per trovare il più caotico disordine urbanistico.
Contrasto tra vecchio e nuovo nel centro. Dietro i ruderi di un edificio distrutto di Via Buontalenti la nuova scuola elementare di Via dei Cavalieri: l'edificio dovrà essere ricostruito in modo da non soffocare la scuola.
La documentazione fotografica è uno dei tanti mezzi con cui si puntualizzano gli elementi di rilievo della situazione di una città. La raccolta di questi elementi e la loro selezione costituisce il primo passo verso la formulazione di quel programma urbanistico che viene chiamato “piano regolatore”.
Contrasto tra vecchio e nuovo alla periferia (zona Via Lepanto). In primo piano un ambiente quasi rurale, in fondo il palazzo dell'INCIS per i dipendenti dell'Accademia Navale recentemente costruito.
 
Esso si presenta sotto la forma di planimetrie e di norme regolamentari, ma la sostanza, quando è studiato con serietà, altro non è se non la sintesi delle lunghe e laboriose ricerche, interpretazioni e discussioni che prendono le mosse appunto dallo stato urbanistico attuale.
La fotografia sintetizza, in certo senso, i risultati del sopralluogo. Il “sopralluogo urbanistico” è la forma più semplice e più immediata di indagine. Può essere eseguito singolarmente o in gruppo, e deve essere fatto in ogni caso a passo d'uomo. Bisogna percorrere, una ad una, tutte le vie della città, soffermandosi dove si trova un elemento, di interesse, entrare nei cortili e negli altri spazi liberi compresi nell'interno degli isolati, ritornare se necessario sui propri passi per comprendere meglio una certa situazione, visitare una determinata località nell'ora più opportuna, oppure in diverse stagioni dell'anno.
Le fotografie riprodotte dimostrano che l'oggetto del sopralluogo urbanistico riguarda sia l'elemento statico che quello dinamico. Accanto agli edifici, alla loro struttura e disposizione, accanto alle visuali e prospettive c'è la gente che si muove, che lavora, che passeggia, che si diverte. Ci sono ragazzi che giuocano. Ci sono veicoli d'ogni tipo e dimensione, dalla bicicletta all'autotreno con rimorchio, che, o fermi o in movimento, si trovano sulla strada, indicando all'urbanista deteterminati interessi e ragioni di vita.
Va ricordata in proposito l'essenza squisitamente sociale dell'urbanistica. Essa tende soprattutto a un'organizzazione del territorio (urbano e anche extraurbano) che consenta migliori condizioni ambientali di vita. Legittimo e doveroso è quindi l'interesse oltre che per la “città edificata”, ossia per la struttura costituita dal complesso degli edifici, anche per la città viva e per tutti i problemi sociali che in essa si manifestano.
Un esempio chiarirà meglio questo concetto. Esistono, come si è visto, a Livorno alcune zone periferiche dell'aggregato urbano che presentano un aspetto notevolmente disordinato per la mancanza di un indirizzo urbanistico. 
Squallore nel rione di case popolari di Via Fabio Filzi, detto Sciangai. Il rione è sorto nel 1930.

Facendo la ricognizione di queste zone si esamina lo squilibrio estetico-ambientale determinato dall'inserirsi quasi causale di edifici di forma e dimensioni diverse dalla primitiva struttura rurale, peraltro ancora esistente. Si pensa subito alle possibilità di rimedio con opportuni tracciati viari e con adeguata regolamentazione edilizia. Ma, se il problema urbanistico si esamina sotto l'aspetto sociale, viene in luce un fatto di maggiore portata.
Si nota che l'edificazione frammentaria non ha permesso la costituzione di nuovi quartieri. Tutt'al più ci sono piccoli nuclei residenziali omogenei, i quali, sia per le loro esigue dimensioni, sia per il fatto che sono sorti per soddisfare unicamente alle esigenze dell'abitazione, non hanno né le caratteristiche, né l'aspetto del quartiere.
L'urbanistica, considerata dal punto di vista sociale, quando ha provveduto all'abitazione, ha fatto un gran passo avanti, dato che ci sono i senza tetto e gli abitanti delle case malsane, ma è ben lungi dall'aver esaurito il suo compito. Infatti la vita dell'individuo non si risolve nell'ambito dei rapporti familiari. Non bastano le case, occorrono anche le attrezzature di quartiere, e non soltanto quelle che servono a soddisfare le necessità quotidiane come ad esempio il mercato rionale, ma anche quelle che possono favorire il necessario complemento della vita familiare.
Aspetto accogliente di uno spazio interno del nucleo INA Casa, compreso tra Via delle Sorgenti e Via U. Foscolo.
I quartieri di nuova formazione che si ispirano alle moderne concezioni urbanistiche hanno un “centro” , che è il luogo dove si svolge la vita sociale degli abitanti. Anzi hanno diversi centri perché anche quando le varie attività si svolgono sulla stessa piazza, si usa chiamare centro ogni edificio, o gruppo di edifici, destinati ad una determinata funzione.
Nel quartiere popolare situato tra Via delle Sorgenti e Via Provinciale Pisana le aree ancora libere da costruzione assumono la funzione di giardini pubblici. Il giardino più vicino, quello della Stazione, dista più di un Km.
Così come avremo un centro amministrativo comprendente l'ufficio postale, l'ufficio di polizia, il centralino telefonico e le succursali degli istituti bancari; un centro commerciale con negozi e botteghe di artigiani e uffici professionisti; un centro sociale con cinema, sala di lettura, sala di riunione, biblioteca, sedi di partito e di associazioni sindacali. Ci saranno poi l'ambulatorio, la chiesa parrocchiale, la canonica, la scuola elementare, il campo sportivo, le sale da ballo e i locali di ritrovo.
Orbene, girando per le suddette zone periferiche di Livorno, si nota con piacere che la frammentarietà delle iniziative edificatorie ha lasciato tra i vari gruppi di costruzioni aree più o meno estese, attualmente utilizzate come orti, che consentiranno, entro certi limiti, la riorganizzazione delle zone stesse, e la costituzione di veri e propri quartieri con i loro centri. Dal punto di vista sociale, peggiore sarebbe stata la situazione se la città invece di estendersi in modo così disordinato si fosse ingrandita secondo un piano di ampliamento, a sviluppo compatto, in cui edifici regolari quasi tutti di abitazione fossero posti entro isolati regolari, senza un'adeguata distribuzione di locali per attività di interesse collettivo. Dal lato estetico al posto delle visuali di elementi stridentemente contrastanti, si avrebbe forse un'avvilente monotonia di prospetti, ossia un elemento altrettanto negativo; mentre d'altra parte la mancanza di aree libere renderebbe impossibile, oppure molto oneroso, il miglioramento dei servizi sociali del quartiere.
Si è detto che con la fotografia si fissano le immagini e le sensazioni del “sopralluogo”. La fotografia è un mezzo quindi che abbiamo a disposizione, il più economico dopo il taccuino degli appunti.
Altri mezzi possono essere la cinematografia e la televisione. Con la macchina da presa ferma possono essere messi in rilievo tutti i fatti dinamici della vita cittadina. A Livorno si potrebbe riprendere il passeggio domenicale sulla via Grande, che ha insieme una lunga tradizione e aspetti folcloristici di notevole interesse. Si potrebbe riprendere l'afflusso estivo di cittadini sul lungomare di S. Jacopo, nei giorni festivi, e soprattutto il 15 agosto, in occasione del Palio Marinaro che determina sulla vastissima Terrazza Mascagni un affollamento insospettabile. Con la macchina da presa in movimento (su automezzo) si potrebbero raccogliere con una serie di sequenze le visuali sulle vie cittadine, ottenendo così una documentazione completa che permetterebbe di fare la ricognizione della città una volta per tutte.
A parte i mezzi, esaminiamo ora il “sopralluogo”nella sua essenza di metodo di indagine urbanistica. Parlo naturalmente del sopralluogo eseguito dal competente che gira la città per “tastare il polso”, allo scopo cioè di avere la sensazione visiva diretta dei problemi che dovrà risolvere. Di altra natura invece è il sopralluogo di colui che, opportunamente istruito, segnala metodicamente determinati fenomeni (ad esempio segna su una planimetria tutti i negozi distinguendoli secondo il tipo). Per distinguere chiamerò quest'ultimo “rilevamento”.
Il sopralluogo è evidentemente tra le varie forme di indagine la più personale e la più intuitiva. La sua stessa estensione e durata non può essere determinata a priori, ma dipendono da fatti che riguardano direttamente l'urbanista, le sue capacità di acquisizione dei problemi, la sua maggiore o minore inclinazione all'approfondimento, la maturazione delle idee e il convincimento dei progetti sviluppati.
Per quanto insostituibile il sopralluogo non può mai essere la sola forma di indagine. Non può bastare evidentemente l'intuizione, anche geniale, di uno o più competenti. Nelle indagini che accompagnano lo studio di un piano regolatore figurano in misura maggiore o minore, a seconda dei mezzi disponibili, altre due forme caratteristiche: l'inchiesta e il rilevamento.
Un piano regolatore deve essere progettato da competenti i quali siano giunti alla specializzazione attraverso un lungo tirocinio, abbiano acquisito i principi di cultura urbanistica mondiale e siano al corrente con i più recenti orientamenti e con le più recenti realizzazioni.
Ma non soltanto gli specialisti incaricati della progettazione partecipano e contribuiscono alla formazione del piano. Anzi essi più che creare debbono, progettando, interpretare una data situazione di fatto, ed interpretarla, oltre che alla luce dei canoni dell'urbanistica, anche in riferimento, sia alla situazione dell'economia cittadina, sia alle abitudini, alle inclinazioni e alle aspirazioni dagli abitanti.
Il complesso delle operazioni attraverso le quali gli estensori del piano organizzano la partecipazione indiretta degli enti e dei cittadini costituisce “l'inchiesta urbanistica”.
Varie sono le forme di inchiesta. Esse possono riguardare il complesso della città, come pure i singoli quartieri o nuclei abitati.
Occorre conoscere, con l'aiuto dei cultori della storia locale, le successive fasi di sviluppo della città attraverso i tempi, e anche la storia dei piani regolatori progettati e attuati. Gli uffici municipali forniranno notizie sul modo come viene regolata l'attività edilizia dei privati. Interpellando gli esperti dei singoli rami si potrà avere un quadro generale sulla situazione scolastica, lo stato dei servizi di trasporto urbani e extraurbani, l'efficienza degli impianti pubblico, come l'acquedotto, la fognatura, ecc. Si potrà avere notizia dei programmi di opere pubbliche approntati dallo Stato e dagli enti locali.
Questi sono gli argomenti della prima fase dell'inchiesta nella quale si raccolgono quegli elementi che sono (o meglio dovrebbero essere) già elaborati. Le difficoltà di esecuzione dipendono naturalmente, oltre che dalla vastità dei temi, anche dalla più o meno efficiente organizzazione degli uffici interpellati.
Ma l'inchiesta urbanistica può anche provvedere alla raccolta diretta di elementi mediante l'intervista ai cittadini, ai quali si chiede soltanto l'illustrazione di aspetti particolari, di solito localizzati, della complessa realtà urbana.
L'inchiesta può rivolgersi all'azienda industriale. Intervistando i dirigenti e gli operai si possono avere notizie sull'adeguatezza degli impianti e degli edifici alle esigenze della produzione, sulle condizioni igieniche degli ambienti di lavoro, sugli eventuali inconvenienti che possono portare pregiudizio alla salute degli addetti, ecc. Si può avere un quadro delle distanze fra casa e azienda, e del tempo giornalmente perduto negli spostamenti tra residenza e luogo di lavoro.
L'inchiesta può avere per oggetto il quartiere. In ogni rione della città possono attingersi notizie sulle abitudini e sulle tradizioni, sulla distribuzione sociale degli abitanti, sui mezzi di trasporto che collegano la zona con il centro della città, sulle difficoltà di approvvigionamento dei viveri e degli altri generi, sull'attrezzatura sanitaria, sulla scuola elementare e sull'asilo, sulla percentuale dei giovani che frequenta le scuole medie, sulle difficoltà per lo svolgimento delle attività sportive e ricreative locali, sulle attività economiche svolte da elementi che risiedono nel quartiere, ecc.
La zona interessata può avere dimensioni ancora più ridotte, e l'inchiesta può essere eseguita sulle case popolari, sulle case malsane, sui luoghi di fortuna dove abitano i senzatetto, ecc.
E' chiaro che più l'oggetto dell'inchiesta viene circoscritto, più l'elemento psicologico e umano prevale sulla schematicità dei dati che si vogliono raccogliere. Intervistando gli abitanti di un quartiere si può toccare con mano la realtà viva delle loro aspirazioni; così pure si può avere esatta cognizione e3llq vita che si svolge in una fabbrica solo intervistando gli operai.
A questo punto ci si domanda cos'è il rilevamento e quali sono i limiti che lo differenziano dall'inchiesta. La domanda sorge spontanea perché entrambe le forme di indagine si esauriscono in sostanza in una raccolta di dati.
La differenza non sta nell'oggetto ma nel metodo di ricerca. Con l'inchiesta si mettono in evidenza gli elementi vivi della realtà che si vuole conoscere, elementi che, quando si assumono, sono già frutto di una prima elaborazione. Lo stesso indagatore esprime un giudizio perché riferisce o interpreta un pensiero dell'intervistato.
Gli elementi del rilevamento sono invece obiettivi e amorfi, Sono dati puri, e possono essere dati statistici o planimetrici. Anzi sono soltanto dati statistici che, per la particolare natura dell'urbanistica, hanno bisogno di un riferimento sulle planimetrie.
Troppo lungo sarebbe elencare i dati che possono essere raccolti col rilevamento. Converrà, per fare un esempio, porre l'attenzione su un fatto di fondamentale importanza per l'urbanistica: il rapporto fra la distribuzione della popolazione nelle abitazioni della città e l'ubicazione degli ambienti non destinati ad abitazione, dove la popolazione medesima di reca per le ragioni più varie.
Alla base di questo rapporto ci sono due serie di dati da raccogliere mediante rilevamento e da riportare su distinte planimetrie. Nella prima bisogna scrivere su ogni edificio adibito, anche in parte, all'abitazione un numero che indica le persone che vi dormono. Nella seconda bisogna indicare tutti gli ambienti chiusi, o anche aperti, destinati a scopi diversi dall'abitazione, dall'ospedale alla farmacia, dalla grande industri alla bottega, dallo stadio alla pista rionale.
Questi ambienti vanno opportunamente classificati e segnalati planimetricamente con appositi simboli. Una grande suddivisione può essere quella che distingue i luoghi dove l'elemento principale è l'attività lavorativa di coloro che giornalmente vi trascorrono le ore diurne (industrie, officine, magazzini, ecc.) dai luoghi dove l'elemento principale è l'afflusso,generalmente temporaneo, di popolazione per motivi diversi dal lavoro (cinema, mercati, chiese, negozi, giardini pubblici, scuole, ecc.).
La prima planimetria si può formare all'atto stesso del censimento demografico. Per la secondo occorre uno speciale censimento urbanistico di rapida esecuzione.
Gli elementi così raccolti sono le basi per una lunghissima serie di considerazioni. Basti pensare che sono localizzate planimetricamente le cause determinati di tutto il movimento di pedoni e di veicoli che si svolge giornalmente in città.
L'Ufficio Urbanistica del Municipio di Livorno ha approvato due planimetrie mi è possibile quindi mostrare con un esempio la loro utilità.
A Livorno, mentre il verde privato esistente nel corpo della città (orti, giardini, parchi) ha complessivamente un'estensione notevolissima, difetta molto invece il verde pubblico. Ci sono due soli parchi pubblici non molto estesi: il Parterre e la Villa Fabbricotti.Esaminiamo la situazione dei parchi distinguendola da quella dei giardini (Piazza Magenta, Piazza della Stazione, Viale Italia, ecc.) nei quali non c'è isolamento dalla vita e dal movimento cittadino, in quanto manca l'elemento di separazione con le strade di traffico.
Come si presenta una delle piste di giuoco nel parco pubblico della Villa Fabbricotti, dove ha sede la Biblioteca Labronica.

Si può dire che le zone di influenza dei due parchi si estendano a tutto il nucleo urbano, dallo stadio a Fiorentina, con l'esclusione di Ardenza e di Antignano. Una linea, che corrisponde all'incirca all'asse del segmento che congiunge i centri dei parchi , divide le due zone di influenza. Essa passa per Via S. Gaetano, Via Bonaini, Via magenta, Piazza Cavour e si dirige al mare lungo gli Scali d'Azeglio. A Nord di questa linea c'è la zona di influenza del Parterre, che si estende fino alla linea ferroviaria, fino al Cimitero Comunale, a Via Fabio Filzi e a via della Cinta Esterna, a Sud c'è quella di Villa Fabbricotti che è delimitata dall'Aurelia, dallo Stadio e dal Lungomare.
Il censimento del 1951 da' per la prima zona una popolazione di 80.288 abitanti e per la seconda una popolazione di 36.314 abitanti. Le superfici del Parterre e della Villa sono rispettivamente 29.000 mq. E 61.000 mq. Gli abitanti della prima zona hanno a disposizione ciascuno 0.36 mq. Di superficie di parco; gli abitanti della seconda ne hanno a disposizione 1.70 mq. ciascuno, ossia una superficie 5 volte maggiore.

Questo risultato nella sua eloquenza da' al piano regolatore un indirizzo preciso per l'ubicazione dei nuovi parchi. Evidentemente essi devono essere posti nella sfera di influenza del Parterre, e precisamente nella zona popolare dei quartieri popolari di Barriere Garibladi, Via Fabio Filzi, Via Mastacchi, Via delle Sorgenti, ecc. La necessità di verde in questa parte della città appare evidente a chi si rechi a fare un sopralluogo, in una giornata di sole.
Negli ampi spazi liberi tra nucleo e nucleo di case popolari, dove il terreno inutilizzato sembra attendere l'opera del muratore, la vita degli abitanti si svolge intensa e vivacissima. Le donne lavorano a maglia, i ragazzi giocano a pallone, si avverte la stessa atmosfera gaia e festosa del Parterre. E' la vita della popolazione addensata in quei casoni piuttosto squallidi che manifesta le sue esigenze, di aria, di spazio, di luce. Essa sembra indicare all'urbanista il criterio da seguire nella progettazione. Gli spazi liberi sono una riserva, esaurita la quale si giunge al soffocamento.In quella zona bisogna costruire, sì, nuove case, ma in modo pianificato, secondo un piano che prevede anche, e soprattutto, giardini, parchi e campi di giuoco in misura adeguata all'entità della popolazione.(Giorgio Amati)

 In: Rivista di Livorno, rassegna di attività municipale a cura del Comune, Anno 4, n. 2, 1954

Commenti

Post popolari in questo blog

LA CATTEDRALE DI SAN FRANCESCO (DUOMO DI LIVORNO)

La cattedrale di San Francesco Passeggiando per la Via Grande, a metà strada, ci troviamo davanti al "Duomo". Quando, anni fa, venni ad abitare a Livorno rimasi colpita da un'espressione molto comune: "ma vai in domo!". Mi ci è voluto un po' di tempo per capirne il significato. Vorrei ripercorrere con voi la sua storia e comprenderne l'evoluzione, collegata alla devastazione degli eventi bellici. Nel fotografare e ricercare quanto ne è rimasto, sono rimasta piacevolmente sorpresa. Il fine di questo breve articolo è quello di guidarvi alla riscoperta di un tanto prezioso scrigno. Come da mia abitudine, cercherò di mettermi da parte, lasciando parlare chi ha visto sorgere il monumento e lo ha visitato nel suo percorso temporale. Buona lettura.

I NEGOZI DI LIVORNO TRA LA FINE DELL'800 E I PRIMI DECENNI DEL '900

Facciamo un tuffo nel passato per ricordare quanta maginificenza c'era per le vie di Livorno alle fine dell'800 e nei primi decenni del '900, iniziando dalle caratteristiche botteghe del quartiere ebraico. A leggere quest'articolo, tratto da un manoscritto dal titolo "Livorno che fu" e firmato G.P.D., e poi girar oggi per le vie della nostra città, ti si stringe il cuore. Testo tratto dalla "Canaviglia" anno 2 n. 1 Gennaio-Marzo 1977 La Sinagoga nel 1875 "Iniziamo da Via Cairoli, come la via che ha subito la più profonda trasformazione dai più lontani tempi. Fu solo infatti nel 1925 - o giù di lì- che la vecchia "Via del Casone" ed il dietro del Duomo subirono una totale, profonda trasformazione. Qui i negozi (le "botteghe" come allora più comunemente le chiamavano!)si allineavano ai due lati, ininterrottamente, vendendo ogni genere di merce, per tutti i gusti e per tutte le borse... Fra i più originali ricordiamo

Il Pentagono del Buontalenti

Era il 27 giugno del 1421 quando la Repubblica di Firenze acquistò dai Genovesi, per ben 100.000 fiorini, il Castello di Livorno. Il castello di Livorno in una stampa del 1500 Il programma politico mediceo si incentrava su un ampliamento delle strutture militari, cantieristiche e portuali già esistenti. Così iniziò la progettazione della Fortezza Vecchia. Scopo della sua realizzazione è prevalentemente difensivo e finalizzato alla difesa del porto di Livorno dalle scorribande saracene, ma anche di creare uno scalo a mare concorrenziale, rispetto a quello di Pisa.