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L'OPERA DI RICOSTRUZIONE DEL PORTO


Visione dalla Torre del Faro della Rettilinea, del Bacino Firenze con le calate Pisa e Carrara. In secondo piano la Darsena MarittimaIn
Successivamente agli eventi bellici, Livorno si trova a fare i conti con la devastazione lasciata dai bombardamenti ed i piani di ricostruzione.
Vi riporto questa interessante riflessione di Angiolo Martigli, del 1954, sulla ricostruzione del Porto, con analisi dei costi e suggerimenti per il suo sviluppo.

 
Nel ringraziare il capo della Sezione di Livorno dell'Ufficio del genio Civile Sig. Martigli, della sua collaborazione con questo primo studio riguardante la ricostruzione del Porto, la nostra Rivista si propone di aprire una speciale inchiesta sulla importante questione portuale nei suoi complessi aspetti. E' intanto Lieta di preannunziare l'intervento sull'argomento da parte dell'on. Vasco Jacoponi, deputato della Circoscrizione e Console della Compagnia Lavoratori Portuali.
Prima di illustrare l'opera di ricostruzione del nostro porto, sembra opportuno richiamare alla memoria la sua consistenza prebellica.
Sino a circa un secolo fa, il Porto di Livorno era costituito essenzialmente dal nucleo iniziale della Darsena Vecchia e dal bacino determinato dal Molo Mediceo completato da Cosimo II nel 1620.
Nella seconda metà dell'Ottocento questo complesso subì, con l'avvento della navigazione a vapore, vari ampliamenti e precisamente:
a) Difesa del bacino dalla traversia principale mediante la costruzione, fatta da Leopoldo II, dell'imponente diga curvilinea detta comunemente Molo Nuovo. 
b) Darsena di Marittima a cui fece capo la prima stazione ferroviaria di Livorno.
c) Diga della Vegliaia, a difesa della traversia secondaria di scirocco.
d) Diga Rettilinea, concepita in un primo tempo a difesa del settore settentrionale, successivamente ampliata e banchinata, e formazione della Calata che assunse poi la denominazione di Calata orlando.
e) Sporgente del Deposito Franco a Nord e Sgarallino a Sud, verso il Porto Mediceo.
Con la costruzione di questo sporgente lo specchio acqueo compreso tra la Diga Rettilinea e il primo braccio del Molo Mediceo, fu suddiviso in due distinti bacini, di cui quello settentrionale assunse il nome di Bacino Cappellini.
f) Darsena Nuova con annesso bacino di carenaggio e scalo di alaggio a rotaie.
g) Darsena del Mandraccio, ora denominata Bacino Firenze (Calate Pisa e Carrara) comunicante col Bacino cappellini e con la via di navigazione interna della "Canale dei Navicelli", mediante l'apertura del nuovo Canale detto delle Industrie.
Nel 1908, dopo ampi dibattiti e contrastanti proposte, venne approvato il Piano Regolatore dell'Ing. Cozza per il potenziamento del porto, il quale piano prevedeva la costruzione di una serie di darsene a pettine affiancate parallelamente alla Diga Rettilinea verso Nord.
I lavori per la realizzazione della prima Darsena vennero intrapresi nel 1910 con la costruzione delle due dighe del Marzocco e della Meloria, opera restata tutt'ora incompiuta.
Con queste due opere di difesa si venne a creare il Bacino di S. Stefano non utilizzabile, peraltro, ai fini del traffico.
Nel 1924 su progetto dell'Ing. Coen Cagli, che determinò praticamente la sospensione della già iniziata realizzazione del Piano Regolatore, venne intrapresa la costruzione del Nuovo porto interno.
Questo venne concepito essenzialmente a servizio della Zona Industriale che ebbe la configurazione giuridica con la legge del 20 giugno 1929. 
Giova a questo punto osservare che l'idea di creare un porto a servizio delle industrie costituì un ottima e feconda iniziativa.
Tuttavia la disposizione planimetrica assegnata alle nuove Calate ad alto fondale, non fu altrettanto felice in quanto collocò in una posizione eccessivamente eccentrica e di scomodo accesso.
Per questa caratteristica particolare il nuovo porto interno non costituì un vero e proprio ampliamento del vecchio porto commerciale, né poteva prestarsi a collaborare efficacemente con questo per lo sviluppo del traffico commerciale.
Ebbe quindi una fisionomia e una funzione nettamente distinta ed esclusiva, diretta a favorire lo sviluppo della Zona industriale ed alimentarne il traffico relativo.
E, se vogliamo essere obiettivi, si può anche soggiungere che i suoi 1720 ml. di banchine ad alto fondale apparivano calcolate con presupposti di traffico industriale alquanto ottimistici, quando si tenga conto che l'indice medio di traffico di una calata del genere non può essere considerato inferiore a 5/600 tonnellate annue per metro lineare.
D'altronde però le possibilità di sviluppo dal punto di vista industriale, che per la configurazione dei terreni circostanti offre il porto interno di Livorno, non si riscontra tanto facilmente in altri porti anche di gran lunga più importanti del nostro dal punto di vista del traffico commerciale. Si può bene affermare che esso possiede in potenza condizioni di sviluppo eccezionali.
Allo scoppio della guerra recente tutte le opere del nuovo porto industriale erano state eseguite ed erano in corso i lavori di completamento delle attrezzature meccaniche.
La situazione generale del porto si concreta negli elementi del seguente quadro:

Per completare i dati più caratteristici, possiamo accennare che il porto era dotato di ml. 3680 di difese foranee, 16 km. di strade, 4 ponti apribili, 5 ponti fissi, due grandi cavalcavia, e di 260 Ha di bacini protetti etc.
In conseguenza degli eventi bellici la parte essenziale di tutte queste opere, e specialmente, tutte le banchine a medio e alto fondale, gran parte di quelle a piccolo fondale, tutte le attrezzature meccaniche e gli impianti, andarono completamente distrutti, in piccola parte a seguito dei bombardamenti e la massima a seguito della metodica distruzione operata dai guastatori tedeschi.
Gli alleati costituirono a Livorno la loro base logistica e provvidero ad eseguire soltanto lavori di riattamento di contingenza, in funzione delle particolari esigenze relative al traffico bellico. Eseguirono infatti vari pontili di basso costo in legname dei quali, a ricostruzione avvenuta, poté in parte usufruire il commercio. Peraltro questo subì un grave collasso, sia per l'assoluta insufficienza dei costi di attrezzature, sia per altre complesse cause non propriamente di carattere tecnico sulle quali non credo di soffermarmi.
Questa situazione appare tanto più grave quando si considerino le circostanze seguenti:
1) Negli altri porti del Tirreno (che avevano subito danni relativamente minimi era già stata intrapresa e ferveva l'opera di ricostruzione, che venne ritardata a Livorno dalla permanenza degli alleati.
2) Che l'occupazione militare alleata non aveva nemmeno consentito al Genio Civile di accedere sul luogo ad effettuare gli studi preventivi e l'impostazione di programmi di sorta.
3) Che l'opera di alacre ricostruzione aveva assorbito in altri porti materiali e mezzi d'opera di cui ci trovammo in difetto al momento nel quale i lavori di riparazione del nostro furono potuti iniziare nell'Aprile del 1946)
L'Ufficio del Genio Civile con personale tecnico specializzato insufficiente al bisogno, e ciò è bene sia rilevato, si trovò all'improvviso nella necessità di affrontare il ponderoso problema della ricostruzione totale del porto pressate oltretutto dalle urgenti istanze ed esigenze del traffico.
In pieno accordo con tutte le Autorità locali, con le quali cercò sempre di mantenere la più stretta collaborazione, e seguendo le direttive superiori venne stabilito il seguente programma di massima:
1) Concentrare gli sforzi per la più rapida ricostruzione delle banchine di accosto a medio e alto fondale del vecchio porto.
2) Usufruire, per quanto possibile, e sempre che vi fosse la convenienza tecnica ed economica, delle vecchie fondazioni.
3) Abbandonare del tutto le vecchie fondazioni quando queste si fossero riscontrate inservibili, o la spesa di ripristino risultasse sproporzionata, anche in relazione alla celerità del lavoro e del risultato tecnico.
4) Trarre partito dalla totale distruzione per migliorare e rendere più aderente alle necessità del traffico l'opera della ricostruzione, dando un riassetto generale alla destinazione e all'attrezzatura delle calate.
5) Considerare la ricostruzione delle opere del nuovo porto come problema da risolvere gradualmente, in funzioni delle reali esigenze determinate dalla rinascita degli stabilimenti industriali.
La Diga Rettilinea con la Calata Orlando e il Piazzale dei carboni, visti dalla Torre Faro
Con questi concetti fondamentali, ed in ispecie con quanto contenuto nei suddetti punti 3 e 4, si venne a costruire un importantissimo elemento di partenza consistente nel non considerare l'opera di ricostruzione dirette al puro e semplice ripristino di quanto era stato distrutto.
Si gettò cioè il germe che permise di conseguire notevoli miglioramenti, e perciò, quando si parla di ricostruzione delle opere portuali, per inquadrarla nella giusta prospettiva, non deve perduta di vista questa importantissima circostanza. L'Ufficio del Genio Civile si valse di questi principi per realizzare un complesso di opere le cui caratteristiche, meglio di ogni particolare descrizione, emergono dal seguente quadro:

Confrontando questi dati con il quadro precedente si rilevano le seguenti differenze che rappresentano le notevoli migliorie conseguite:
Vecchio Porto - Banchine a basso fondale da 2180 a 1671, in meno ml. 459. Banchine a medio Fondale da 1290 a 2051, in più ml. 1006.
Ciò significa che l'efficienza del Porto, nei riguardi degli accosti ad alto fondale, è quasi raddoppiata, che nelle attrezzature si ha già un aumento del 40%, nei binari un aumento del 10%.
A questi dati numerici occorre aggiungere aggiungere però altri elementi di miglioria rappresentati da una maggiore ampiezza della superficie delle Calata di oltre 25.000 mq., una maggiore efficienza degli impianti ferroviari per cui ogni calata è dotata almeno di tre binari, con esclusione assoluta di piattaforme di raccordo, un più efficiente impianto idrico dotato anche di due volani di mc. 100 ciascuno costituiti da serbatoi sopraelevati, da un complesso razionale di illuminazione a diffusione di cui è già in atto lo scheletro che sarà presto integrato e migliorato con le altre installazioni sussidiarie.
Ne settore edilizio è da segnalare la costruzione della Capitaneria di Porto e del complesso della sezione Doganale e nuovo varco coperto dal Deposito Franco, adiacente al piazzale di sosta autocarri, previsto dal Piano regolatore tra Viale Caprera e Marittima.
Ma un altro importantissimo miglioramento è stato realizzato mediante l'esecuzione di grandi escavazioni mercé le quali si è portata l'imboccatura Sud del Porto a - 11.50, il canale navigabile in avanporto, quello di accesso al nuovo porto, il bacino di evoluzione, il canale industriale a 10 m. di profondità, la Darsena del nuovo porto a - 9.50, quella dei petroli a - 10 e i bacini del vecchio porto a oltre - 9 m.
Il carattere di questa Rivista esclude  la trattazione specifica di argomenti di natura tecnica, riflettente le modalità di esecuzione incontrate.
Basti solo accennare che queste non furono né lievi, né poche, ma è doveroso significare che esse furono tutte risolte mercé la capacità tecnica ed organizzativa dell'Impresa Silvio Ghezzani e delle maestranze locali, sotto la direzione dell'Ufficio Genio Civile di Livorno.
Anche la ricostruzione della Calata Deposito Franco eseguita dall'Impresa Pietro Cidonio di Roma venne condotta in modo lodevole.
Lo sgombro dei numerosi scafi affondati insieme agli scavi di cui si è fatto cenno, venne condotta con tutta la sollecitudine possibile dall'Ufficio Escavazioni del Genio Civile.
La spesa finora incontrata dallo Stato per la ricostruzione delle opere portuali, le relative revisioni dei prezzi contrattuali stabilite dalle leggi e l'approfondimento dei fondali, supera in complesso i cinque miliardi, con una media per giornata lavorativa di circa 2 milioni.
Riflettendo con animo sereno e probità di giudizio, sembra doveroso riconoscere che se lo Stato non ha potuto esaudire tutte le richieste, ha tuttavia fatto qualcosa di veramente tangibile che non può e non deve essere sottovalutato.
Visione panoramica del Silos, del Bacino Cappellini con le calate Deposito Franco e orlando. In primo piano a sinistra le apparecchiature per l'aspirazione dei cereali. Sul fondo il Bacino Firenze e la Darsena Marittima.

A chi muove facili censure, può obiettarsi che purtroppo non sembra che i problemi riguardanti il nostro porto siano stati efficacemente approfonditi ed agitati con concordia di intenti e tempestività di azione nelle sedi opportune. Sento anzi il dovere di segnalare l'opera indefessa e silensiosa dell'Ing. Capo Primavera immaturamente scomparso, rivolta ad escogitare ogni possibilità di finanziamento, e la comprensione di cui i Provveditori delle opere pubbliche per la Toscana Ing. Girometti e Ing. Natoni dettero prova.
Chiusa questa parentesi che ho ritenuta opportuna per puntualizzare meglio la situazioe, soggiungo che i lavori ancora da eseguire per il completamento della ricostruzione del vecchio porto riflettono essenzialmente la riparazione di banchine e piccolo fondale (es. darsena Vecchia), la sistemazione dell'ingresso della Barriera del Porto con l'edificio per la Sezione e la Circoscrizione doganale, il completamento dell'impianto di illuminazione di cui ho già fatto cenno, ed altri lavori accessori.
Tra le opere di questa categoria la principale riguarda l'allargamento del canale d'accesso alla Darsena Nuova per portarlo a 32 m. e conseguentemente allungamento del ponte apribile. Tale allargamento porrà il Cantiere Ansaldo in condizioni di ricevere nella propria Darsena di allestimento ogni categoria di navi.
Per quanto si riferisce al Nuovo Porto, uno dei più urgenti riguarda il ripristino della Calata di Magnale e del raccordo ferroviario Bivo Ugione, che consentirà lo smaltimento diretto del traffico delle merci di massa, scaricate dalle calate Pisa e Orlando, decongestionando la Stazione Marittima e quella di San marco con ovvio generale beneficio del traffico.
Foto: La sporgente del Punto franco, fra il Porto mediceo e il Bacino Cappellini, con le Calate Sgarallino e Deposito Franco. 
La sporgente del Punto Franco, fra il Porto Mediceo e il Bacino Cappellini con le Calte Sgarallino e Porto Franco

La questione della ricostruzione delle calate ad alto fondale, in uso temporaneo al Centro Sbarchi USFA, è per questo fatto sottratta momentaneamente all'ingerenza dell'Amministrazione dei Lavori Pubblici. Si tratta quindi di sollecitare presso chi di ragione l'attuale concessionario, perché tale ricostruzione si estende oltre l'attuale tratto di 350 ml. della Calata Assab di cui però i primi ml. 198 furono ricostruiti dal Genio Civile che provvide anche alla riparazione dei magazzini e all'installazione delle due gru esterne a capra zoppa.
Circa gli altri lavori e particolarmente il ripristino delle sponde del canale Industriale.
Del resto però un buon passo avanti è stato effettuato con l'approfondimento dei fondali a oltre 9 metri che consentono alle navi cisterna di elevato tonnellaggio l'accesso alla testata del canale stesso dove hanno sede il Deposito Costieri di d'Alesio e Castadi.
In conclusione, esclusa come si è detto la zona temporanea  concessione al Centri Sbarchi USFA, il fabbisogno di spesa ancora occorrente per il completamento della ricostruzione delle opere portuali è valutato a circa L. 2.100.000.000 di cui L. 1.250.000.000 per vecchio porto e L. 850.000.000 per il nuovo porto.
Il Porto Mediceo visto dal Silos. In primo piano la Calata Sgarallino con il Magazzino della Camera di Commercio. In secondo piano la Calata degli Anelli con il fabbricato della Capitaneria di Porto
Prima di chiudere queste note, mi è gradito significare che entro pochi giorni saranno intrapresi i lavori per la ricostruzione della Torre del Fanale, finanziati dal corrente esercizio.
L'opera monumentale rispecchierà nella forma, dimensioni, e struttura esterna l'antica torre pisana. I voti espressi dalla cittadinanza in questo senso, hanno trovato piena comprensione negli organi statali, nonostante che la ricostruzione della torre con tali caratteristiche richieda una notevole maggiore spesa di quella che sarebbe occorsa per l'erezione di altro analogo edificio a carattere semplicemente funzionale.
Esaurito così a grandi linee l'assunto riguardante l'opera della ricostruzione, mi sembra indispensabile un breve accenno ad alcuni problemi di importanza capitale per il potenziamento e lo sviluppo del nostro porto. Mi astengo dal considerare quanto riflette lo sviluppo industriale, lasciando al altri più qualificato ed esperto di me, mettere nella dovuta luce le grandi risorse potenziali, ed augurandomi che questa peculiare caratteristica passi finalmente dalla stasi potenziale a quella delle realizzazioni concrete.
Mi riferisco quindi semplicemente a due problemi essenziali già previsti nel Nuovo Piano Regolatore approvato e precisamente:
1) Costruzione della Nuova Darsena dei petroli capace di ospitare contemporaneamente due delle massime navi cisterna da 45.000 tonnellate ed il cui progetto redatto dal genio Civile, è da tempo approvato in linea tecnica.
Il nostro porto si avvia a ricevere oltre due milioni di Tonnellate di grezzo l'anno di cui 1.500.000 dirette alla Raffineria Stanic. Oltre al costiero Stanic, sono in esercizio i Depositi costieri SAICIL e APIR del Marzocco, Doc e D'Alesio e Castadi alla testata del Canale Industriale. Sono in costruzione due nuovi depositi costieri ai prati del Marzocco.
La Nuova Darsena avrà un tirante d'acqua di  - 11 m. ciò richiederà di  conseguenza l'approfondimento dei fondali in rapporto a 11 ed a 12 all'imboccatura.
Essa sarà corredata dagli impianti di sicurezza antincendio che, in unione a quelli di bordo, potranno efficacemente concorrere allo spegnimento degli incendi eventuali.
La sua costruzione richiederà anche il completamento della Diga franca antistante la Meloria.
Si tratta di un complesso di opere la cui spesa può valutarsi in circa L. 1.850.000.000
2) La costruzione della Banchina ad altissimo fondale ( - 11)nel nuovo Bacino di Santo Stefano, adiacente alla Diga Rettilinea.
Tale banchina avrà uno sviluppo di ml. 750 con una testata di raccordo con la calata Orlando di m. 120, e sarà quindi capace di ospitare le più grandi navi passeggeri o da carico.
La spesa per la sua costruzione e lo scavo del bacino può valutarsi intorno a L. 1.250.000.000.
Queste nuove opere, per le quali occorre apposito finanziamento, sono ormai da considerarsi di carattere urgente ed indilazionabile per porre il nostro porto in grado di piena efficienza tecnica così da sopperire ad ogni esigenza e costituire la piattaforma atta ad ogni ulteriore sviluppo del traffico.
Infine un altro problema che è stato anche recentemente discusso nel Convegno degli ingegneri toscani del 12/14 settembre 1953, già segnalato dall'Ufficio del Genio Civile di Livorno nello studio del Nuovo Piano Regolatore del Porto, riguarda la viabilità a largo raggio, oggi costituita dalla sola Via Aurelia e dal tronco radiale della 67 bis Stagno Fornacette, assolutamente insufficienti e che occorre potenziare con la costruzione di strade radiali camionabili.
Ho appositamente più sopra sottolineato l'espressione di piena "efficienza tecnica" in quanto è ovvio che se questa condizione è indispensabile, non è però un fattore automaticamente determinante per lo sviluppo del traffico.
Se è legittimo rivolgere allo Stato le più efficaci istanza acciocché siano compiute le opere portuali, sembra però necessario fornire a quello anche la garanzia che, in virtù delle energie e delle attività locali, le ingenti spese che esso ha già sostenuto o deve sostenere, non rimangano improduttive.
(Angiolo Martigli)

In: Rivista di Livorno, rassegna di attività municipale a cura del Comune, Anno 4, n. 2, 1954





  

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