L'unica memoria che resta di questo gioiello è nel nome della piazza dove era ubicata: "Attias". L'Ufficio toponomastica del Comune di Livorno, ottenne che almeno esso fosse conservato (il 5 febbraio del 1966).
L'opera di speculazione edilizia, celata dietro l'astuto mascheramento di "opera di riqualificazione" (così come antecedentemente avvenuto per la devastazione dell'antico quartiere della Venezia e di Via del Mulino a vento), non ha avuto alcun riguardo nei suoi confronti. I picconi, nel 1970, hanno cancellato ogni sua traccia. Stessa sorte fu riservata anche alla vicina Villa Medina e al suo rigoglioso parco.
Quanto la guerra aveva lasciato indenne, il nuovo Piano Regolatore spazzò via senza indugio alcuno.
Purtroppo le uniche immagini che abbiamo della Villa, sono state scattate prima della sua demolizione dallo studio "Foto Arte". Sugli interni della Villa e il suo progetto di ampliamenti, restano i disegni del progettista Antonio Cipolla, conservati nel Fondo Cipolla dell'Accademia di San Luca a Roma.
Abbiamo tracce di questa costruzione fin dal 1660. Era di proprietà dell'Opera del Duomo, che nel 1700 la diede in affitto, per la cifra di 23 scudi l'anno, al commerciante Gioseffo Attias, membro di una delle più importanti famiglie livornesi. Persona molto erudita e tenuta di gran conto dai Granduchi di Toscana.
Carlo Adorni, nel suo scritto "Livorno tra squadra e compasso", ci riferisce che era nato a Livorno nel 1627 e morì nel febbraio del 1745. Era un affiliato della Massoneria livornese, per questo motivo fu processato a Firenze nel 1739, con l'accusa di nascondere nella sua abitazione dei libri proibiti.
Piombanti a suo proposito riferisce che:"II Targioni visitando a Livorno nel 1742 la fabbrica dei coralli rossi dei Sigg. Franco ed Attias ebrei, osservò meravigliato ben quattordici gradi di rosso col proprio nome ciascuno. I1 lavoro principale, die' egli, consisteva nel farne pallottole di varie grandezze pel commercio delle Indie".
Stefano Ceccarini, nel suo articolo, riporta che "Sotto la famiglia Attias, l’immobile
principale della proprietà fu ristrutturato e ampliato, tanto da
essere conosciuto come “Villa Grande dei Leoni”, probabilmente
per la presenza di due statue di leoni sui pila-stri che affiancavano
il varco d’ingresso. In ogni caso, l’impostazione generale doveva
essere piuttosto semplice, in linea con le ville ad uso agricolo
che, proprio a partire dal Settecento, avevano avuto ampia
diffusione nella campagna livornese; nel complesso si trattava di
edifici contraddistinti da chiare volumetrie, formati solitamente da
tre piani fuori terra e dotati di terrazze belvedere. L’impostazione
originaria di Villa Attias non si allontanava molto da questa
configurazione: il piano terra era composto da quattro stanze, più
diversi vani di servizio e dalle scale per il piano superiore; al primo
piano si articolavano nove stanze, mentre al secondo si trovava-no
sei stanze e l’accesso alla soffitta".
Foto Arte - Livorno |
Nel 1861 la villa fu venduta alla famiglia greca degli Scaramagnà, che nel 1871, detterò incarico ad un noto architetto Antonio Cipolla di restaurare ed ampliare il fabbricato.
"Cipolla articola il prospetto principale in tre fasce: un basamento che possiamo presupporre dalle fotografie realizzato a finto marmo, un piano terreno a bugnato, evidente richiamo ai palazzi rinascimentali fiorentini, e infine un primo piano dove la superficie è segnata da grandi riquadri decorati che scandiscono il ritmo delle aperture. In aggetto al filo di facciata, quasi a formare un corpo autonomo, l'architetto colloca un pronao che si innalza per due livelli e si conclude, al di sopra del secondo piano, con una loggetta aperta.
Il porticato a tre luci, la galleria vetrata e infine la loggia recintata su tre lati dalla balaustra sulla quale si dispiega una teoria di piccole arcate richiamano, con un ricercato e colto lessico fatto di citazioni tratte dall'architettura rinascimentale italiana, l'idea della villa signorile.
Foto Arte - Livorno |
Cipolla prevede sul retro l'aggiunta di due corpi paralleli, poi rimaneggiate in epoche successive. Sui fronti interni ed esterni delle due ali e sulla facciata posteriore ritorna la partizione già individuata: il basamento modanato, il bugnato e la fascia decorata che scandisce la successione delle finestre. Assai poco conosciamo dell'articolazione degli spazi interni e delle sontuose decorazioni che vengono affidate dallo Scaramagnà ad Antonio Bruschi. Le fotografie ci mostrano un grande sfarzo di stucchi dorati, di specchi e dipinti incastonati, nei soffitti che possiamo immaginare non dissimili da quello che oggi vediamo nella residenza della famiglia Mimbelli".
(D. Matteoni)Nel 1905 il palazzo fu acquistato prima dalla moglie di Luigi Orlando, Irma Maniscalco, e poi dal console argentino Pedro Alessandro Bossio.
Il giardino di Villa Bossio - Foto Arte Livorno |
Fu il console e far restaurare la villa, arricchendo il suo parco con una sontuosa fontana; abbellita con una scultura di Luigi Brizzolara Leda e il Cigno.
Leda e il Cigno (foto di Giacomo Spagnoli) |
(La scultura è adesso collocata nel giardino di Villa Fabbricotti, deturpata dai vandali).
Il locale di maggiore prestigio si trovava al piano terreno ed era il salone da ballo. La stanza era impreziosita dal soffitto ligneo, suddiviso in riquadri geometrici, ornati da dipinti. Le pareti erano arricchite con specchi e dorature.
Al suo interno spiccava un palco sopraelevato, dove l'orchestra si esibiva.
Il salone delle feste - foto L. Bossio |
“La documentazione iconografica dell’epoca mostra la villa e il suo parco ormai inseriti nel tessuto urbano cittadino. Un alto muro di cinta separava la proprietà dal trafficato slargo che si apriva all’intersezione tra la Via Leopolda e la strada delle Spianate, allora denominate rispettivamente Via Ricasoli e Corso Amedeo. Il muro, lungo il quale erano ricavati alcuni fondi commerciali definiva un vero e proprio corpo di fabbrica dal disegno vagamente liberty; numerose aperture ad arco, schermate da eleganti infissi lignei, davano accesso ai negozi e ai magazzini disposti ai lati dello splendido cancello in ferro battuto, di gusto squisitamente floreale, che delimitava, entro un arcone, l’ingresso al parco e alla villa”
La villa rimase di proprietà dei Bossio fino agli anni 60. Già in quel periodo il parco era stato lottizzato con nuove costruzioni.
Nel 1968 la proprietà fu acquisita da una società immobiliare, che la demolì per costruirvi la struttura che oggi si trova al suo posto.
1968 - Demolizione della Villa (Foto Ciriello) |
Nel 1968 la proprietà fu acquisita da una società immobiliare, che la demolì per costruirvi la struttura che oggi si trova al suo posto.
Piazza Attias - foto di Giacomo Spagnoli |
Bibliografia
S. Ceccarini, L'Attias ieri e oggi, in "Il Pentagono", n. 2, febbraio/marzo 2012, pp. 6–10.
R. Ciorli, Livorno, Storia di ville e palazzi, Ospedaletto (Pisa) 1994
D. Matteoni, Livorno, la costruzione di un’immagine, Cinisello Balsamo 1999,
G. Piombanti,Guida storica ed artistica della città e dei dintorni di Livorno, Livorno 1903, p. 53
G. Wiquel, Dizionario di cose e persone livornesi , Livorno 1976-1985, p. 623
A. Del Lucchese,Stradario storico della Città e del Comune di Livorno, Livorno, 1973
C. Adorni, Livorno tra squadra e compasso - Storia della massoneria livornese, Ed. Il Quadrifoglio, Livorno 2006
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