La più grande chiesa di Livorno. Costruita per rendere grazia alla Madonna, che salvò la città da una terribile epidemia di colera.
Questa costruzione si trovò al centro della diatriba fra il podestà e il vescovo di Livorno, sulla presenza di lesione all'interno della struttura. La trovate narrata nell'articolo:
Giuseppe Piombanti nella sua Guida storica artistica della città di Livorno, pubblicato nel 1873, ci narra i fatti relativi alla sua costruzione.
"Finita la Via della Barriera Maremmana, s' entra a destra nel Corso Amedeo e poi, per la Via Magenta, nella Piazza del Soccorso, dinanzi alla Chiesa che le ha dato il nome. L'area della vasta piazza che e circonda è destinata per le abitazioni, la perciò ai lati della medesima ci son questi nomi di strade: Via Poggiali, in memoria dell' illustre letterato Gaetano, prima Via del Soccorso; Via della Beneficenza; Via delle Grazie, ove al n. 7 è il consolato Austro Ungarico; Via del Conforto; Via del Salcio, in cui al n. 3 è il console della Repubblica del Paraguay; Via dello Studio. Vi immettono inoltre: Via della Costanza, nella quale al n. 3 è il consolato di Spagna; Via della Pietà; Via del Collegio.
Dopo che fu cessata in Livorno la pestifera influenza colerica del 1835 sorse spontaneo, nella mente d'alcuni cittadini, il pensiero di farsi iniziatori d' una soscrizione , per inalzare un gran tempio a Maria sotto il titolo del Soccorso, affinchè fosse come un ringraziamento perenne d'averci ottenuto la liberazione da si crudele inimico, ed una preghiera a mostrarsi anche in futuro, a favor di Livorno, pietosa Madre soccorritrice".
Dopo che fu cessata in Livorno la pestifera influenza colerica del 1835 sorse spontaneo, nella mente d'alcuni cittadini, il pensiero di farsi iniziatori d' una soscrizione , per inalzare un gran tempio a Maria sotto il titolo del Soccorso, affinchè fosse come un ringraziamento perenne d'averci ottenuto la liberazione da si crudele inimico, ed una preghiera a mostrarsi anche in futuro, a favor di Livorno, pietosa Madre soccorritrice".
Infatti all'interno della chiesa si trova una lapide marmorea su cui sono incise queste parole: “Marmo a ricordanza e memoria che spenta nell'anno 1835, per la invocazione della Vergine Madre, la mortifera influenza colerica, fu proposta a spontanea contribuzione del popolo livornese, in onore della celeste interceditrice, sotto il titolò del Soccorso, la fondazione di questa Chiesa, e il dì 28 Agosto 1830, con festa e solennità popolare, presenti Leopoldo li granduca di Toscana, la granduchessa Maria Antonia e 1' arciduchessa Maria Luisa, assistenti tutti gli ordini della città, ecclesiastici, civili e militari, ne fu posta secondo il rito la pietra sacra augurale".
Un'altra iscrizione ricorda la sua consacrazione avvenuta il 22 giugno 1856, officiata da monsignor Girolamo Gavi.
"Formatasi una deputazione che si chiamò della Patria Impresa, e datasi a raccogliere offerte, il 28 Agosto 1836 ne posero solennemente la prima pietra.
Se la deputazione stessa invece di affidarne esclusivamente l'esecuzione a Gaetano Gherardi, professore d' architettura e d' agrimensura alla scuola Michoniana del Refugio, avesse aperto un concorso per iscegliere il miglior disegno, avrebbe probabilmente arricchito Livorno non solo di una Chiesa vasta ma anche bella".
Se la deputazione stessa invece di affidarne esclusivamente l'esecuzione a Gaetano Gherardi, professore d' architettura e d' agrimensura alla scuola Michoniana del Refugio, avesse aperto un concorso per iscegliere il miglior disegno, avrebbe probabilmente arricchito Livorno non solo di una Chiesa vasta ma anche bella".
Fin dall'affidamento della sua progettazione, nacquero vivaci dibattiti. Per molti livornesi non era sufficiente soltanto una chiesa "grande", avrebbero voluto che fosse anche artisticamente rilevante.
1948- venerazione della sacra immagine della Madonna |
"L'ingegnere Enrico Sesoldi stampò un Parallelo Architettonico tra la Chiesa di S. Spirito a Firenze e la nostra di S. Maria del Soccorso, dando a questa la preferenza in diverse cose sopra il tempio del Brunelleschi; non sembra però che abbia persuaso nessuno. La sua facciata, con tre porte e due nicchie, è ornata di quattro pilastri dorici che sorreggono il frontespizio centrale. È una grande croce latina a tre navate (anche nella crociata), con sette archi per lato, retti da pilastri toscani, ove sono altrettante cappelle; i quattro d' ordine corinzio dovevano sostenere una proporzionata cupola, ma, dubitando della loro validità, le venne sostituita quella che al presente si vede. Le ultime due cappelle più vicine all'ingresso non hanno ancora altare.
Su quello della seconda a destra, fatto a spese di Lorenzo Palma livornese, c'è un bel quadro del Pollastrini, rappresentante il protomartire S. Lorenzo in una catacomba, il quale dispensa ai poveri le ricchezze della Chiesa, più presto che farle cadere nelle mani del tiranno persecutore.
Il conte Francesco De Larderel fece fare l'altare dedicato al patriarca d'Assisi, il quale vedesi dipinto da Ferdinando Folchi, in atto di risuscitare una bambina, che si getta tra le braccia della madre, in mezzo agli attoniti spettatori.
L'altare che segue ha un S. Pietro Apostolo, di non gradevole aspetto, colorito da Giuseppe Baldini; lo fece eseguire Alessandro Malenchini.
Viene appresso la cappella in cui sono le reliquie di vari santi, di proprietà del cav. Enrico Bertagni, che l'ha fornita di ricchi sacri arredi; c'è pure un quadro con S. Francesco d'Assisi della scuola del Cigoli.
Su quello della seconda a destra, fatto a spese di Lorenzo Palma livornese, c'è un bel quadro del Pollastrini, rappresentante il protomartire S. Lorenzo in una catacomba, il quale dispensa ai poveri le ricchezze della Chiesa, più presto che farle cadere nelle mani del tiranno persecutore.
Il conte Francesco De Larderel fece fare l'altare dedicato al patriarca d'Assisi, il quale vedesi dipinto da Ferdinando Folchi, in atto di risuscitare una bambina, che si getta tra le braccia della madre, in mezzo agli attoniti spettatori.
L'altare che segue ha un S. Pietro Apostolo, di non gradevole aspetto, colorito da Giuseppe Baldini; lo fece eseguire Alessandro Malenchini.
Viene appresso la cappella in cui sono le reliquie di vari santi, di proprietà del cav. Enrico Bertagni, che l'ha fornita di ricchi sacri arredi; c'è pure un quadro con S. Francesco d'Assisi della scuola del Cigoli.
Voltando a destra, vedesi il Salvatore che restituisce la vita al figlio della vedova di Naim; è dei primi lavori del Pollastrini e vi si scorgono i germi del valoroso artista.
Sull'altare della crociata, eretto a spese dei monaci Vallombrosani di Montenero, è un tabernacolo, fatto da Ferdinando Magagnini, ove sta un' immagine della Madonna sotto il titolo del Soccorso.
Nella sacrestia si vede una mediocre tela di Giovanni Bartolena, rappresentante la benedizione della prima pietra della Chiesa.
L' altar maggiore di bianco marmo lo alzò il Municipio; però v' è scritto: Aere municipali a. d. 1854.
La tribuna poco bene dipinta, che non fu allogata al prof. Bezzuoli per mal intesa economia, è opera di Carlo Morelli in cui rappresentò l'incoronazione della Vergine, con diversi angioli senza prospettiva. Segue una cappelletta, ufiziata fino all'apertura della nuova Chiesa; c' è un' immagine sull' altare del volto del Nazareno, che il donatore Silvestre Silvestri dice colorita da Giotto; l'Ulacacci vi dipinse a chiaroscuro la Madonna che, dato ad un'angioletto un ramoscello di olivo, lo invia, ambasciator di salute, agli afflitti dal fatal morbo colerico; ci stava prima l' immagine della Madonna del Soccorso.
L' altare di S. Luigi Gonzaga, fatto a spese della Congregazione di detto santo, qui canonicamente eretta, ha una buona tela del santo stesso, colorita da Angiolo Visconti senese, allievo del Mussini.
I pesciaiuoli di Livorno eressero a proprie spese l'altare di S. Raffaello Arcangiolo, facendovi colorire il quadro da Giovanni Bartolena;
il cav. Niccola Niccolai Gamba pensò ali' altare della cappella seguente, ed il quadro della Madonna sotto il titolo della Consolazione, lo eseguiva lo stesso Bartolena; l'ultimo infine, già fatto dalla famiglia del nostro pittore Gazzarrini, venne ceduto in quest'anno alla Società di S. Vincenzo dei Paoli, che lo adornerà del quadro del santo e dei sacri arredi.
In fondo alla Chiesa è il busto del bali Albizzo Martellini, con una iscrizione che ricorda aver esso presieduto la deputazione della Patria Impresa dal 23 Gennaio 1838 al 18 Settembre 1854 in cui morì.
Dopo la morte sua il governo sciolse quella deputazione, cui non eran bastati diciotto anni per condurre a fine il tempio , ed incaricatane l' altra di pubblica utilità ed ornato, con maggior sollecitudine si finirono i necessari lavori. Nei pilastri di sostengono le navate si vedono le armi delle famiglia a spese delle quali furono alzati. Il 14 Marzo 1855 venne costituita canonicamente parrocchia, con popolazione tolta alle cure di S. Benedetto e di S. Pietro e Paolo".
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