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LE PIAZZE DI LIVORNO ALLA FINE DELL'OTTOCENTO







"Quando Livorno - chiamata da Montesquieu il vero capolavoro della dinastia medicea, era una piccola città aperta al commercio, sotto le logge di piazza Grande, ora Vittorio Emanuele, si riunivano genti nostrane e straniere che avevano necessità di incontrarsi per discutere di affari, vendere o comprare. C'erano sotto le arcate, turbe di forzati che spacciavano i loro lavori a mano, o schiavi turchi, o mercanti e mezzani e capitani di mare; tutte persone dedite ai traffici, che fiorivano.

Un tempo le logge limitavano la piazza, che fu poi ingrandita fin dove sorgono i tre palazzi, costruiti nella prima metà del settecento, e divenne una delle più vaste d'Italia, degna di Livorno, di "questa cittade, ch'ene un cielo aperto", come la chiamò il giocondo poeta Fagiuoli in una sua poesia.
Dall'epoca del suo ingrandimento, la piazza divenne, più che il centro, il cuore della città. Tutto ciò che conta nella vita cittadina, di generazione in generazione, di vicenda in vicenda, ha avuto un significato di gioia o di dolore, di festa o di lutto, di fede politica o religiosa, di pace o ribellione, si è svolto qui, o vi s'è ripercosso, con inni di gloria, con impeto di passione, con fragore di armi.

Le truppe accampate in piazza Grande - Stampa del 1700 


Dall'ultimo scorcio del secolo decimottavo fin dopo la metà del decimonono, la piazza fu adorna di tappeti e luminarie per la Ritornata del Corpusdomini: processione a cui prendevano parte tutte le confraternite della città, coi loro stendardi, e le autorità civili e militari, fra l'ammirazione devota degli spettatori venuti anche di fuori, compresi qualche volta i Granduchi. (...) Fu in piazza Grande che Mazzini nel febbraio del 1849 parlò dal palazzo del Governatore a ventimila persone; e quando si sparse la voce che le provincie toscane avevano proclamato la Repubblica, avvennero dimostrazioni di entusiasmo, le campane suonarono, le finestre e i terrazzi furono adorni di bandiere, fiori, mortella; le fortezze spararono cento e un colpo di cannone; in piazza fu cantato il Te Deum solenne intonato dal vescovo Gavi; ma v'era anche l'albero della libertà, intorno al quale, la sera, il popolo cantava e ballava.


Nella piazza risaltano alcuni edifici: la Cattedrale, il Palazzo Comunale, il Palazzo Granducale (1605), sede dell'istituto tecnico e nautico,il Palazzo della Prefettura, già Pretorio.


Fra le Piazza di Livorno vaste e spaziose, il Voltone, ossia la Piazza Carlo Alberto, non a torto è stimata monumentale. La disegnò il Bettarini al tempo di Leopoldo II, quando la città ebbe uno dei suoi rapidi ingrandimenti.
Per la lunghezza di 240 metri, un'ampia volta congiunge le due sponde del fosso Reale, e su la volta si spiega il motivo architettonico della piazza ovale e chiusa. Non si può negare al disegno la originalità e la vaghezza: questa deriva da un insieme di marmorei sedili, di candelabri di ferro per la illuminazione, di pioli pure di ferro, adorni di significanti rilievi: sedili, candelabri e pioli che, con buon gusto alternati, delineano sul marciapiede l'ovale della piazza.
Meritano anche d'essere ammirate la piazza Guerrazzi, sulla quale si innalza il monumento all'illustre romanziere e patriota,
la piazza dedicata a Giuseppe Micheli, famoso architetto navale del secolo scorso, dove si erge il monumento a Ferdinando I, volgarmente chiamato "Dei quattro Mori";
la bella Piazza dell'Arsenale, la piazza della Fortezza Vecchia dove si affaccia alla vista la grandiosa Fortezza Vecchia, rosseggiante di mattoni, costruita dal Sangallo dal 1521 al 1534;
la piazza Anita Garibaldi con la grezza facciata della chiesa di San Ferdinando;


la piazza Cavour sulla quale sorge la statua del grande statista;






la Piazza Mazzini,

la piazza Orlando, col monumento all'insigne benefattore di Livorno, Luigi Orlando, presso il grande cantiere da lui voluto".




Continua ...

Tratto da:

Le Cento città d'Italia illustrate, Livorno, capolavoro dei granduchi di Toscana, casa editrice Sozogno, Milano, 1920

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