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I TEATRI DI LIVORNO ALLA FINE DELL'OTTOCENTO




ANTICO TEATRO DELLE COMMEDIE DETTO ANCHE DI S. SEBASTIANO.

 E' stato il primo teatro ad essere costruito nella nostra città, si trovava nei pressi della chiesa di Sant'Andrea (allora denominata di San Sebastiano).
"In Via Remota, fu Via del Teatro, dove ora è la casa segnata col n. 2 e l' altra, senza numero, di faccia a quelle che hanno il 3 ed il 4, venne aperto il primo nostro teatro, sotto l' arsenale dei Remolari (in cui si facevano i remi per le galere) circa il 1640, e prese per istemma quello adottato poi dal teatro degli Avvalorati di cui s' è parlato.

Nel 1662essendo stato trasportato il detto arsenale sulla nuova darsena, il teatro fu ingrandito ed abbellito e di venne la residenza dell' Accademia dei Dubbiosi.
L'anno 1742 vi recitava la compagnia Madebac, per la quale Goldoni scrisse la commedia Tonin bella grazia, che egli stesso le portò a Livorno.
Qui Goldoni, con sommo suo diletto, vide ben rappresentate alcune sue commedie e si decise, seguendo sua stella, ad abbandonar l'avvocatura, unendosi alla Compagnia Madebac, ed operando la riforma della commedia italiana.
Continuarono le rappresentazioni in questo teatro finché non aprirono quello detto dagli Armeni. Nel 1787 venne demolito per edificarvi abitazioni; aveva 87 palchetti disposti in quattr'ordini”.


TEATRO ROSSINI
Inaugurato il 25 ottobre del 1842, si trovava nella zona compresa tra Piazza Cavour e la Piazza delle Vettovaglie. Distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Così lo descrive il Piombanti:
“Il 7 Agosto 1839 i fratelli Innocenzo e Giovan Batista Gragnani comprarono dal governo metri quadrati 1190 di terreno, per innalzare un teatro al nome del genio inarrivabile pesarese. Divulgato un programma, che invitava i cittadini a concorrere alla spesa così acquisto dei palchetti, a diversi prezzi secondo l'ordine loro, si pose mano al lavoro, ed il 15 Ottobre 1842 se ne fece la solenne apertura col Mosè dello stesso maestro Rossini. In quel tempo si formò l' Accademia dei Fulgidi, composta di 24 soci, i quali lo acquistarono per 24000 lire e vi apposero il proprio stemma; l'architetto n'era stato lo stesso Innocenzo Gragnani. Il suo principale ingresso, sulla Via dei Fulgidi, ha un portico di tre archi a pilastri bozzati. Il teatro non è vasto ma grazioso ed elegante; lo precede un vestibolo sostenuto da quattro colonne; magnifica è la sala d'aspetto che, chi si vergogna di parlare italiano, chiama foyer , presso la quale son quattro statuette di Giovanni Dupré; l'interno è tutto messo a scagliola lucida con bassorilievi e dorature; ha 130 palchetti elegantemente addobbati ed in cinque ordini distribuiti, dietro i quali sono altrettante stanzette per comodità degli spettatori. Il palco scenico ha un' area di 340 metri quadrati ; la platea è lunga metri 15, larga metri 13,73; nel sipario Giulio Piatti colorì la legge civilizzatrice dei popoli; le altre pitture son di Cesare Catani, gli ornati di Leopoldo Balestra fiorentini. Il 4 Settembre 1844 i principi Carlo, Elisa e Giuseppe Poniatowski, in compagnia d'altri nobili dilettanti, rappresentarono in questo teatro la Lucrezia Borgia a benefizio degli Asili infantili di carità”.
Il Volpi nella sua Guida del Forestiere per la città e contorni di Livorno, utile ancora al livornese che brama di essere istruito dei particolari della sua patria, del 1846) lo descrive così:
 "appartenente all’Accademia dei Fulgidi. Esso è un grazioso fabbricato fatto sul disegno e assistenza dell’architetto Innocenzo Gragnani. La facciata è elegante con porticato di tre archi di fronte carrozzabile, sostenuti da pilastri a bozze, sormontato da altri pilastri scannellati d’ordine Jonico che sostengono il frontespizio o remenato della facciata, quali pilastri e cornicione di simile ordine ornano ancora le parti laterali di tutto il fabbricato.
Nel suo interno tutto e grazioso, elegante e comodo; bellissime sono le scale, l’atrio, e il Foyer.

La sala del Teatro e a piano e di forma semicircolare, vaga, e ben intesa; ha cinque ordini di palchi e tutti ornati con eleganti cortine cremisi, frange d’oro e guancialettidi velluto. Tutti i palchetti sono mobiliati uniformi ed elegantemente, e tutti ornati con bellissimi specchi; ogni palco tiene uno stanzino di ritirata sulla galleria.
La sua volta piana o soffitto e vagamente dipinto alla Raffaella, con medaglioni, ritratti e dorature: queste sono di Francesco Innocenti di Livorno; le pitture in figura sono di Cesare Catani di Firenze, e gli ornati sono di Leopoldo Balestra pure di Firenze.
Il lampadario o lumiera è superba e di squisito lavoro; essa viene calata da sopra il soffitto accesa, e quindi ritirata sopra il medesimo, che si apre per darle accesso, e quindi con ben inteso meccanismo perfettamente si riserra.
Il Palcoscenico è assai vasto e proproporzionato al Teatro; le scene, i teloni e tutti gli arredi necessari spirano tutti lusso e ricercatezza; gli stanzini comodi e ben sistemati. (p. 115)
TEATRO SAN COSIMO E L'ARENA LABRONICA
A sinistra del teatro Rossini è la Via Buontalenti (ove furono le mura Medicee), in memoria di Bernardo Buontalenti, che fece la prima pianta della città di Livorno sotto Francesco I.
Nella piazza che ci si vede , destinata a mercato , al principio del secolo corrente si fabbricò un teatro diurno di legname , che si chiamò da S. Cosimo, essendo presso il bastione del medesimo nome.
L' anno 1828 fu nuovamente costruito ma più vicino al fosso. Demolito quattro anni dopo, l' architetto Tommaso Fabiani edificava, nello stesso posto, l'Arena Labronica, aperta al pubblico nel 1833. La sua platea, col palcoscenico dalla parte del fosso, aveva una scalinata, a guisa d' anfiteatro, dietro la quale era un ordine di palchetti; il second'ordine non aveva divisione di palchetti, al terzo era una terrazza scoperta; venne abbattuta nel 1863 per mettere in linea retta il corso del fosso, poiché il teatro sorgeva presso la mezzaluna.
Di rimpetto a questa piazza è la Via del Cardinale, che entra in Via Serristori e poi in Piazza dell'Erbe.
Nell' ingresso della casa n. 24 in Via Serristori si legge una memoria, che rammenta esserci stato Pietro Leopoldo, coil'imperator fratello Giuseppe II, a visitare una fabbrica di corallo il 16 Aprile 1769”.
Abbandonata la vecchia Arena Labronica, sotto il bastione S. Cosimo, una società di dieci cittadini edificò la nuova, a due ordini di palchetti ed una terrazza scoperta, nell' orto compreso tra la Via Carrozzieri e la Via degli Asili, ov'è il suo ingresso principale. Costò lire centomila. Si apri il 1° Luglio 1863 dalla comica compagnia del livornese cav. Ernesto Rossi.


TEATRO PELLETTIER

“In Via Pelletier, la quale, passato il n. 6, si chiamò Via Sambuchi, da queste due famiglie che ci avevan casa,
al n. 21 della medesima trovasi il piccolo Teatro Pelletier, fatto circa il 1813, nel quale sono stato diverse compagnie di dilettanti; al presente vi risiede la Società filodrammatica dei Fidenti, che gli ha posto nome Leopoldo Marenco".

IL TEATRO SAN MARCO
Nel testo "Le cento città d'Italia illustrate" (opera iniziata nel 1887 e ristampata nei primi decenni del 1900), troviamo descritti i teatri di Livorno.



Porta San Marco
"Il Teatro San marco fu costruito nei primi del secolo decimonono. La curva della sala armonica e vasta, i cinque ordini di palchetti, l'ampio sfondo del palcoscenico, formano un insieme di bellezza architettonica, alla quale si aggiunge quella della pittura e della decorazione.
L'interno del Teatro San Marco
 Luigi Ademollo profuse nel soffitto l'esuberanza della sua fantasia: vi colorì l'Aurora, le Ore e Fetonte che, istruito da Elio, guida il carro coi cavalli, del Sole. e lo stesso immaginoso pittore, ispirandosi a Omero, dipinse l'esterno dei palchetti gli arazzi istoriati con i fatti dell'Iliade.
Ancora i fastosi interni del teatro San marco
Il Tasca adornò di emblemi e di trofei d'armi antiche i vani fra gli arazzi, e nel 1806, con fasto regale, la sala fu aperta all'ammirazione dei contemporanei. Quando un teatro, come San marco,  ha bellezze  di costruzione, di pittura, di decorazione, non è più soltanto un edificio per gli spettacoli di prosa, di canto, di ballo, ma è ancora un'opera d'arte".
Il teatro rimase gravemente danneggiato durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Anche se l'area destinata all'accademia del teatro era ancora agibile, fu demolito. Una grande perdita per la nostra città, a volte le scelte degli amministratori riescono ad essere ancora più devastanti di una guerra.

Il Teatro degli Avvalorati

"L'altro teatro, Avvalorati, è vaghissimo per le pitture del Terreni, del Niccolini e pe' fregi dorati. Fu aperto nel 1782, e otto anni dopo ne fece l'acquisto l'Accademia degli Avvalorati. Per costruirlo, fu necessario comprare e abbattere i magazzini delle mummie, così chiamati dal popolo perché vi erano in deposito molte pelli di animali".
Il Piombanti ci riferisce che:
"Circa l'anno 1776, sembrando il teatro delle Commedie di Via Remota privo delle necessario comodità e troppo meschino per la città di Livorno nacquero due progetti per edificarne un nuovo: uno lo presentò la Comunità, l'altro diversi privati.
Alla Comunità il governo negò assolutamente il permesso,agli altri rispose che voleva in Livorno un teatro solo; ed alle loro replicate istanze il 13 Giugno dell'anno seguente faceva osservare che, costruendo un teatro nuovo, si sarebbero forse dovuti indennizzare gl'interessati nel vecchio.
Allora Pietro Gaetano Bicchierai, messosi d' accordo con essi, ottenne la desiderata licenza il 30 Ottobre 1779; fece con loro una convenzione per esser fornito dei necessari mezzi, concedendo la proprietà d'altrettanti palchetti nel teatro da erigersi; 1' 11 Marzo 1780 comprò i così detti magazzini delle Mummie (giacché di esse vi tenevan commercio), ed abbattutili pose mano alla fabbrica del teatro, che fu finito ed aperto il primo Aprile 1782.
Il ventotto Agosto 1790 lo comprava l'Accademia degli Avvalorati, in quel tempo formata, per 18944 pezze. Adottava lo stemma del teatro di Via Remota consistente, dicono i suoi statuti, in una limpida sorgente d'acqua viva, la quale da un' alta montagna alpestre cade con urto veemente e forza precipitosa, con sotto il verso: Da quell'altezza ogni vigor proviene; aggiunsevi una fascia colla parola Avvalorati.
Nel 1806 Giuseppe Terreni e Antonio Niccolini lo pitturarono. Venne da principio indicato col nome di teatro dagli Armeni, perché fabbricato presso la loro Chiesa; lo chiamano ancora il teatro vecchio. Diverse volte è stato restaurato; nella bella ed elegante forma presente, fornendolo di molti comodi che mancavano, lo ridusse l' ingegnere Francesco Bevilacqua nell'anno 1867.
Ha 126 palchetti distribuiti in cinque ordini; graziosi fregi in cartapesta dorata tutto lo adornano; nel soffitto son dipinti i principali maestri di musica e compositori drammatici; il sipario rappresenta una corsa di cocchi colorita da Giovanni Buonsignori; la lunghezza della platea è metri 17, la sua maggior larghezza metri 14 e mezzo.
Nel 1868 l'Accademia rifece gli statuti, secondo i quali i suoi membri possono essere 44, e modificò
il motto della sua impresa, che al presente dice così: Da quell'altezza ogni valor proviene”.
Nello statuto dell'accademia al capitolo 9 si legge:
 "I deputati dell'Accademia si faranno render conto per mezzo d'una nota, che esigeranno ogni settimana, delle commedie, tragedie, o altre rappresentazioni che volessero produrre le compagnie comiche, e rigetteranno assolutamente tutte quelle nelle quali la buona morale, la decenza ed il buon costume non fossero religiosamente osservati ... ed invigileranno che le maschere della commedia non si producano con motti o gesti licenziosi e indecenti. I nostri padri troppo bene sapevano che il teatro non dev'essere scuola d'irreligione e d'immoralità”.


Immagine conservata negli Archivi di Stato di Livorno


 Anche il Teatro degli Avvalorati fu gravemente danneggiato durante il bombardamento del 28 maggio del 1943 e, successivamente demolito.

Il teatro degli Avvalorati, dopo il bombardamento


                                                              Il Teatro Goldoni
Poco si dice del Teatro Goldoni, quasi come se fosse da meno rispetto alle altre due strutture.




"Bello nella sua semplice grandiosità e pure notevole come opera di acustica, è il Teatro Goldoni, dell'architetto Cappellini; il piccolo Rossini (l'attuale Goldonetta) è assai vago e si presta specialmente agli spettacoli di prosa".
 Ancora un approfondimento del Piombanti:
“Dalla Via Magenta, che ricorda la grande battaglia vinta dai Francesi nel 1859, s'entra in Via Goldoni la quale termina al teatro. Esso è dei più belli e grandiosi della nostra penisola ed il più vasto di Livorno; è notturno e diurno, essendo perciò tutto coperto di cristalli, a somiglianza di quelli di Venezia e di Trieste. Francesco ed Alessandro Caporali lo edificarono, col disegno dell'architetto Giuseppe Cappellini. Acquistato da Giuseppe Varoli emesso all'asta, lo comprò il cav. Pandely Rodocanacchi e lo rivendè nel 1869 all'Accademia Goldoni, appositamente formata, per cento mila lire.
Ebbe nome Teatro Leopoldo che gli fu cangiato nel 1859.
Nel Marzo 1843, cominciarono a edificarlo, e la sera del 24 Luglio 1847 venne aperto al pubblico coll'opera Roberto il Diavolo".
Riguardo alla sua costruzione il Volpi riferisce:
 " (...) edificato per cura dei padre e figlio Caporali e Varoli con il disegno e sotto la direzione dell’architetto Giuseppe Cappellini nostro concittadino. La sua facciata è ornata con porticato carrozzabile composto' di sette arcate di fronte, sostenute da pilastri di pietra travertina, con sopra altrettante arcate divise da balaustrata coperta con frontespizio; a queste si accede da una vastissima sala che si vuole destinata per 1’accademia Filarmonica. Innumerevoli sono i comodi e accessori di questa grandiosa fabbrica. La sua vastità tanto per la platea che per l’ elevatezza è una delle più mirabili fra i teatri d' Italia, essendo la sua platea lunga dall’ingresso al palco scenico br. 34 15 facenti metri 20 29, larga braccia 55 10 o metri 20 e 752 .
La sua altezza da terra fino alla tettoia formata da lastre di cristallo è di braccia 450 metri 26 e 500. Ha quattro ordini di palchi in n. 31 per ogni ordine, oltre una vasta e comoda galleria coperta sopra al quarto ordine. Come si è detto, sarà coperto di lastre di cristallo affinché possa servire ancora per le rappresentanze di giorno a similitudine di quelle di Venezia e di Trieste. Essendo tutt’ora in costruzione non possiamo dare ragguagli del suo ornato ed altre particolarità accessorie".
Il Piombanti, che dopo l'ultimazione dei lavori di costruzione, riferisce:
"Un portico di sette archi ne sostiene altrettanti d' ordine dorico, e questi il frontespizio. Per due ampi vestiboli si va alla platea, la quale è lunga metri 20, 30; larga metri 20, 75; alta, fino al tetto di cristallo, metri 26,30; essa hala grandezza del teatro della Scala di Milano.
Sono li 115 palchi distribuiti in quattro ordini, con uno elegante per la corte, e sopra una loggia; tutti gli ornati dei parapetti li fecero i fratelli Medici di Milano.
L' intelaiatura di ferro, più vasta di quella di Trieste, pesa chilogrammi 29580, e sostiene 1400 lastre di grosso cristallo del peso di 4420 chilogrammi. È tale la solidità di quest'opera che, pel terremoto del 14 Agosto 1846, non si ruppe nemmeno un cristallo; sopra c'è una ringhiera praticabile.
Il grande edifizio è fornito di tutti i comodi necessari; sul davanti ha una vasta sala che ha servito di residenza all'Accademia filodrammatica dei Concordi.
In esso finalmente esiste una scuola gratuita di strumenti a corda, diretta dal prof. Fabio Favilli, prima mantenuta da oblazioni di particolari, ora dal cav. Eodolfo Schwartz: circa venti giovani ne profittano".


Uscita dal teatro Goldoni - Renato Natali



TEATRO GHERARDI DEL TESTA
“La prima loggia massonica fu aperta in Livorno nel Vicolo delle Lavandaie n. 3; sotto il governo napoleonico passò in questo luogo che, per esservi stato fin dallo scorso secolo un piccolo giardino, chiamavasi il vecchio Giardinetto; il popolo dette il sacco alla loggia, dopo la partenza dei Francesi, li 18 Febbraio 1814. Poi servì di riunione ai mercanti della città.
Fondata l' Accademia dei Nascenti, i suoi membri ci fabbricarono nel 1818 un teatro, che si chiamò del Vecchio Giardinetto o di Via Strozzi.
Nel 1852 ci passò la seconda Accademia dei Nascenti la quale, dopo dodici anni, lo intitolò al commediografo avv. cav. Tommaso Gherardi Del Testa, che più volte l' onorò colla sua presenza.
Il teatro è piccolo ma pulito e decente, ed ha tre ordini di palchetti; i soci eseguiscono mensilmente i loro drammatici esperimenti sotto la direzione del bravo artista sig. Niccola Ulacacci.
Qui ebbe pure la sua residenza l'antica Accademia dei Floridi.
Rimpetto al teatro furono le scuderie dei regi cacciatori a cavallo, ora Scuderie del Giardinetto, per la cavalleria dell'esercito”.
All'interno del teatro si trovava la seguente iscrizione: “l' Accademia filodrammatica dei Nascenti inaugurò il tredicesimo anno di vita, dando il nome di Ghepardi Del Testa al suo teatro il 18 Luglio 1864”.

Degno di menzione anche il fatto che in una sala adiacente al teatro, si trovava la rinomata scuola di scherma del maestro di scherma di Giuseppe Pollastrini. Ebbe fra i suoi allievi anche Luigi Bonaparte, il futuro re di Francia Napoleone III.

 Continua ...


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